Archeologia a Gela

1. Manfria

Aree di localizzazione dei siti archeologici di epoca protostorica, greca e romana

1. Necropoli e Torre di Manfria

Aree private-vincolate, non recintate e senza cartelli didascalici; se c'è il proprietario chiedere cortesemente di

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 A circa 10 chilometri ad ovest di Gela, in contrada Manfria, si alza un gruppo di collinette che furono intensamente abitate fin dall’età protostorica. Gli scavi hanno messo in luce resti di diversi villaggi protostorici d’età castellucciana; su uno di essi si è individuato tutto l’impianto originario, primo caso in tutta la Sicilia, distribuito su un’area di circa tre mila metri quadri che comprendeva nove capanne a pianta quasi ellittica con un nucleo abitativo di non più di 50 abitanti; dentro e fuori l’area del villaggio si sono ritrovati resti di grandi forni scavati nel terreno argilloso e di diversi focolari. Le pareti rocciose delle collinette di questa contrada, inoltre, sono costellate di tombe a forno della prima Età del Bronzo, la cui apertura allora, a seppellimento compiuto era sbarrata da chiusini in pietra che frequentemente portavano scolpiti interessanti motivi ornamentali. In un’area della zona collinare prospiciente a Piano Marina e che scende a ovest verso la campagna, proprietà della famiglia Insinga, oltre ad un insediamento protostorico esistono pure i resti di una necropoli paleocristiana con tombe rettangolari, ricavate sulla roccia calcarea, in origine chiuse da lastre di pietra. In diverse zone di Manfria (contrade Monumenti, Stallone e Mangiova), infine, sono stati ritrovati ancora altri antichi insediamenti riferibili ai periodi romano imperiale, tardo-romano e bizantino. Un importante monumento che si può osservare in contrada Manfria, a 15 chilometri da Gela, è quel che rimane di una torre di avvistamento e difesa denominata “Torre di Manfria”. L’inizio della costruzione è controversa, secondo alcune fonti fu iniziata nel 1549 durante il vicereame di Juan de Vega, secondo altre ebbe inizio nel 1583; comunque si sa di certo che dopo essere rimasta incompiuta, fu ripresa nel 1615 e fatta completare dal Vicerè di Sicilia Pedro Tellez-Giron y Guzman Duca di Ossuna su disegno dell’architetto fiorentino Camillo Camilliani (21) Delle 200 e più torri costiere dell’Isola, che formavano un rudimentale sistema di vigilanza strategico-militare per segnalare i pericoli provenienti dal mare, la torre di Manfria, detta an-che di Ossana o Ossuna, era una delle 37 più importanti e dipendeva dalla Deputazione del Regno; i quattro torrari che l’abitavano segnalavano, durante il giorno con specchi e fumi e di notte con fuochi (i fani), ma anche con spari di cannone e brogne, l’arrivo dei barbareschi alla torre di Falconara e al campanile della chiesa di Santa Maria de’ Platea che fungeva anche da torre secondaria di avvistamento e segnalazione. Con un sistema intermedio di postazioni, le informazioni quindi arrivavano alla torre di Camarana, a est nei pressi di Santa Croce Camerina, e con gradualità alle altre del circuito isolano fino a raggiungere, nel giro di un’ora, quei porti dove esistevano flotte navali da guerra che immediatamente prendevano il mare per contrastare l’azione offensiva del nemico. Le segnalazioni, inoltre, erano destinate anche agli abitanti della città e della campagna tramite altre torri secondarie come quelle dell’Insegna e del convento dei PP. Cappuccini. Oltre ai torrari erano pure pertinenza della città diversi gruppi di guardie a cavallo che vigilavano sul litorale fino al fiume Dirillo. La torre di Manfria è a pianta quadrata con basamento scarpato che misura circa 12,5 me-tri per lato. In origine era costituita da due piani, il piano terra che serviva come deposito di acqua, legna, munizioni, spingarde, schioppi, polvere da sparo e palle di cannone e il primo piano che serviva da alloggio ai torrari (caporale, tenente e soldati); inoltre, il terrazzo, provvi-sto di parapetti, tettoia e due balconate, queste ultime sostenute da eleganti mensoloni di arenaria, ospitava due cannoni. L’accesso alla torre avveniva dal primo piano con una scala di legno o di corda retrattili prima che nel 1805 fosse costruita una scala in muratura a due rampe; sempre nello stesso anno fu anche costruito il secondo piano.  Attualmente la torre, per l’usura del tempo e per l’incuria delle competenti istituzioni, è mal ridotta e l’intervento riparatore di qualche anno fa non è servito a gran che.

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