Archeologia a Gela
4. ACROPOLI
Aree di localizzazione dei siti archeologici di epoca protostorica, greca e romana
4. L'acropoli di Molino a Vento
(Fruibile a pagamento)
Sulla
collinetta di Molino a Vento, all’estremità orientale di Gela, era situata
l’acropoli della città arcaica, in posizione predominante rispetto alla
foce del fiume omonimo. Gli scavi, effettuati in diversi periodi (iniziati
nel 1906 da Paolo Orsi) e ancor’oggi in corso d’opera, hanno rivelato
sotto il piano greco arcaico un ricco strato protostorico contenente
ceramica dell’Età del Rame e del Bronzo. In particolare, sono state
portate alla luce quattro tombe a fossa circolare circondate e chiuse da
lastre di pietra in posizione verticale e, inoltre, nell’ultimo scavo del
2003, sono stati scoperti le vestigia di un villaggio capannicolo dell’Età
del Bronzo antico; sopra tali resti protostorici i coloni rodio-cretesi
costruirono a partire dal VI sec. a. C. i templi e i santuari della nuova
città.
I ritrovamenti più significativi che si possono osservare all’interno
dell’acropoli di Molino a Vento sono:
- un massiccio anello di fondazione del tempio di Athena del VI sec. a.C.,
portato alla luce agli inizi del Novecento da Paolo Orsi; il tempio era di
stile dorico e misurava m. 18 x 35 con sei colonne sulle fronti e dodici
sui lati lunghi. La trabeazione, le cornici e i frontoni erano riccamente
decorati con terrecotte policrome molte delle quali, raccolti in
frammenti, sono ora esposte oltre che nel locale museo anche in quello di
Siracusa;
- più a oriente, dietro il monumento ai Caduti, si osservano i resti di un
secondo tempio dorico del V sec. a.C.; i saggi che sono stati effettuati
nel 1952 hanno consentito di ritrovarne il cavo di fondazione e di
accertarne le dimensioni che dovevano essere di m.21 x 52 con sei colonne
per quattordici. Di tale tempio rimane superstite solamente una colonna
dorica, quella appartenente all’opistodomo (ambiente a tergo della cella),
alta m.7,75 e con 20 canalature, costituita da cinque rocchi ricomposti
nel 1951. Questo secondo tempio, probabilmente consacrato anch’esso ad
Athena, fu edificato dopo la sconfitta inflitta da Gelone ai Cartaginesi
nel 480 a.C.; tra i ruderi delle antiche abitazioni, posti a nord
dell’area archeologica, si osservano due profonde cisterne a campana, una
delle quali conserva ancora l’anello superiore di terracotta; infine,
lungo le pendici di questa zona della collina sono visibili tratti
superstiti di una cinta fortificata della fine del VI secolo.
L’acropoli fu incendiata e distrutta dai Cartaginesi nel 405 a.C. e
ripopolata a partire dal 339 a.C.; il fianco nord dell’area fu tagliato a
terrazze e su essa furono costruite case, botte-ghe e sacelli divisi da
una serie di strade (stenopoi), della larghezza di 4 metri e alla distanza
di 30,50 metri l’una dall’altra, tutte perfettamente perpendicolari
all’asse viario principale (pla-teia) che divideva tale superficie, dal
settore templare dell’Athenaion; fondazioni e muri delle case sono
costruiti con scaglie di pietra legate con argilla, mentre gli angoli sono
rinforzati da blocchi regolari di calcare; in altri muri si riscontra una
tecnica mista con blocchi di calcare alternati a riquadri di scaglie di
pietra.
Nel 1927 nella zona di dune sabbiose mobili dell’acropoli furono
realizzati il Belvedere e il Parco delle Rimembranze nel cui interno fu
eretto un monumento ai caduti terranovesi della Grande Guerra, opera dello
scultore palermitano Pasquale Civiletti.
Recentemente, le professoresse Grazia Spagnolo e Katia Ingoglia,
archeologhe dell’Università di Messina, durante una campagna di scavo
nell’area dell’Acropoli, hanno messo in luce una parte di acciottolato
della plateia e un muro arcaico in mattoni crudi.