CARTOLINE DI GELA
Lampade ad arco con
vetro opalino La
cartolina, del 1915 edita da Pasquale Mossuto, è
una delle più colorate di Terranova e raffigura
il Corso all’altezza della Chiesa di S. Rocco,
riconoscibile dalla torretta. edificata nei
primi decenni del 1700, ad opera della
Fratellanza di San Filippo Neri; sulla facciata
della chiesa vi era un piccolo ingresso, servito
da cinque gradini, e due finestre di cui una
bifora e con arco a sesto acuto. Sulla sommità
dell'edificio svettava una torretta con due
campane e un orologio, forniti dall’Officina
Meccanica Poli & Bellotti
di Milano,
quest’ultimo provvisto di tre quadranti; questo
orologio e quello del convitto Pignatelli
rappresentavano fino agli anni Quaranta gli
unici orologi pubblici della città. Sul Corso si
vede una moltitudine di persone, tutte con
cappello, quasi in posa richiamate dallo scatto
della foto; a sinistra due
vastasi ‘i chiazza
ovvero uomini di fatica a pagamento. Le lampade,
che illuminavano il Corso, erano ad arco
voltaico all’interno di una sfera di vetro
opalino; gli elettrodi, da cui scaturiva l’arco
luminoso, avevano una durata di alcune decine di
ore e, pertanto, erano cambiati con una certa
frequenza; tale cambio, che suscitava molta
curiosità, prevedeva che un impiegato comunale,
grazie ad un verricello, facesse calare la
stessa lampada ad altezza d’uomo per sostituirne
gli elettrodi. Lungo il Corso, a partire da
Porta Vittoria e fino a Via Cappuccini,
funzionavano 25 lampade ad arco dislocate alla
distanza media di 35 metri l’una dall’altra.
Diverse sono, in questi ultimi decenni, le
proposte di acquisto di beni ímmobili che il
nostro Comune ha inteso portare avanti, citiamo
qualche esempio: i saloni settecenteschi del
palazzo del Barone Mallia (proprietaria la
signorina Marisella Aldisio), il palazzo del
Marchese Tedeschi (proprietario Fabrizio
Russello), l’ex chiesuola di San Rocco, o meglio
ciò che che rimane di essa (proprietari la curia
e gli eredi del Barone Emanuele Vella), la Torre
di Manfria, eccetera.
Purtroppo, le pratiche relative a tali
acquisti grazie all'incuria e al disinteresse
delle varie amministrazioni, non sono state
nemmeno iniziate; nemmeno la più recente, quella
riferita all'acquisto della chiesuola di San
Rocco anche se ne abbiamo sentito parlarne.
Addirittura, per più di cinquanta anni si
è lasciato in pieno centro storico un muro di
tabbia, un obbrobrio, a copertura della chiesa
diroccata, senza che mai a nessuno venisse in
mente di intonacarlo, tant'è che esso si può
considerare in assoluto come il primo muro di
tufo di Gela lasciato senza intonaco, un
bell'esempio, quindi, per quel che è avvenuto
dopo. Ma, ormai, come si suol dire, ci
abbiamo fatto l'occhio. |