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GIUSEPPE DI MENZA

IL COMMENDATORE DI MENZA, PRESIDENTE DI CORTE D’APPELLO

    Maestà, questa volta vengo a rappresentare Terranova, mia diletta patria. . . ” fu allora che re Umberto I di rimando gli disse: ”mi congratulo con lei che Terranova ha un figlio pieno di meriti e di intelligenza. . . ”. Chi era questo figlio di Terranova pieno di meriti e di intelligenza? Era il commendatore Giuseppe Di Menza, uno dei nostri concittadini di maggior spicco del 1800, andato in commissione dal Re Umberto I, durante la sua venuta in Sicilia nel 1880, per rendergli omaggio come rappresentante della città.

Giuseppe Di Menza nacque il 22 dicembre del 1822 da genitori dell’aristocrazia terranovese. Si sa che in età scolastica possedeva qualità non comuni tanto che i suoi precettori spesso lo presentavano alla gioventù come un modello da imitare. Terminati gli studi superiori intraprese quelli universitari nella facoltà di Diritto a Palermo, primaria e rinomatissima in quei tempi. Non tradendo mai le speranze dei suoi genitori e sacrificando perfino lo svago più lecito, alla giovane età di 20 anni, conseguì splendidamente la laurea. Fu qualche anno dopo che cominciò a mettere a frutto le sue qualità di studioso e, infatti, nel 1846, vinse un concorso a premio sulla Scienza d’Economia Politica, il cosiddetto Premio Angioino, ottenendo un diploma con medaglia di primo grado.

    Intanto, nell’Isola i fermenti rivoluzionari sfociavano nella rivolta contro l’oppressore borbonico; si era nel fatidico 1848 e Giuseppe Di Menza, non estraneo ai sentimenti patriottici, vi partecipò assieme a tanti terranovesi, di cui ricordiamo i capi: Giuseppe e Giacomo Navarra ed i fratelli Camerata Scovazzo. Con i moti del 1860, iniziati che furono i nuovi tempi, il nostro concittadino, sicuro della sua rettitudine e del suo liberalismo fu nominato Capo Sezione nella Segreteria di Stato di Giustizia di Palermo e poi Procuratore del Re e nel 1863 Consigliere d’Appello nelle Marche. Nel 1880 ascese all’alta carica di Presidente di Corte d’Appello a Palermo e in quello stesso anno ricevette dal Governo italiano il titolo di Commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia. Per una serie interrotta di anni fu anche consigliere comunale nel capoluogo dell’Isola.

    Uomo fortunato, grazie ai suoi meriti, nella carriera dunque, ma purtroppo, non altrettanto in ambito familiare, anzi si può dire che la sventura fu sempre sorella del Di Menza. Nel 1845, l’unico suo fratello perse la vita in un incidente. Non ebbe, poi, il conforto di trovarsi qui a tempo per imprimere nella fronte dei suoi genitori l’ultimo bacio. Nel 1875, l’unica figlia, Giuseppina, all’età di 16 anni, gli venne strappata dalla morte per una banale puntura di ago infetto. Nel 1866, la moglie Angelina, ancora in età giovanile, morì affetta da una malattia inguaribile, lasciando così il Di Menza nella più totale desolazione.

    Egli seppe sempre sopportare pazientemente queste enormi pene, ma la sua salute ne rimase scossa e danneggiata. Il 14 aprile del 1896, dopo due anni di penosa malattia, il comm. Giuseppe Di Menza rese l’anima a Dio, rimpianto da tutta la cittadinanza palermitana. Nello stesso giorno del decesso, non appena giunse a Gela la ferale notizia della morte del Commendatore, il nostro Municipio, in omaggio al concittadino defunto, sciolse la seduta dopo un’applauditissima allocuzione funebre del cavalier Antonino Cipolla, assessore più anziano facente funzioni da sindaco, in cui espose le rare doti del Di Menza e i più rilevanti suoi benefici fatti alla patria. Quel giorno a Terranova tutti i negozi della città rimasero chiusi. Sulle porte vi era la scritta: “Lutto cittadino per la morte del comm. Giuseppe Di Menza”.

 

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