QUOTIDIANO
La Sicilia
DISTRETTO GELESE
Aprile 2025
ARGOMENTI
IL LUNGOMARE FEDERICO II
L’EDUCATORIO D’ORFANE “REGINA MARGHERITA”
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IL LUNGOMARE FEDERICO II
Il Lungomare Federico II (denominato tale in
tempi recenti, ma in origine denominato “La
Marina”),
a tutti gli effetti da considerare un quartiere
della città,
si estende lungo una striscia che va dal Fiume
Gela fino alla rotonda del quartiere “Macchitella”,
passando per le zone di Bosco Littorio, di
Piazza Trento, della Conchiglia, del Pontile
Sbarcatolo, del Porto Rifugio e sotto le Mura
Greche di Capo Soprano. Fino al 1954, sull’area
del lungomare prospiciente il centro storico,
sorgevano una serie di magazzini e di industrie
che col passare degli anni sono stati
gradualmente eliminati e sostituiti con lo
stabile della Guardia Costiera, con le case
popolari per i marinai e, più recentemente, con
l’impianto di bar e ristoranti.
Fino ai primi anni del Novecento, nella zona che
oggi è compresa tra il Pontile sbarcatolo e l’ex
stabilimento balneare “La Conchiglia”,
esistevano quattro sgranellatoi di cotone,
allora importante prodotto dell’economia della
città, che in genere occupavano personale
femminile; si ricordano quelli del Comm.
Giuseppe Iacona (Iacona & C.) con 30
dipendenti, del Dott. V. Amavet (Stabilimento
Vesuvio) con 50 dipendenti e quello, più
recente di fronte al palazzo dell’ex Officina
Elettrica,
gestito da una nobil donna, la contessa
La Latta Costerbosa che nel 1956 fu assassinata
dal socio.
L’ultimo vestigio di uno sgranellatoio di fine
Ottocento, costituito da una ciminiera (unico ed
ultimo esempio di archeologia industriale del
centro storico), incredibilmente fu demolito nei
primi di giugno del 1995 su ordinanza del Comune
e con l’indifferenza di quanti avrebbero dovuto
esercitarne la salvaguardia, in primis la
Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Caltanissetta, la
quale era già stata messa in allarme diversi
mesi prima dallo scrivente con lettera
raccomandata: che vergognoso comportamento di
indolenza e strafottenza nei confronti del bene
culturale da parte di una istituzione
provinciale.
Il lungomare di Gela, nella sua estensione, è
stato realizzato in diversi periodi; a partire
dal dopoguerra esisteva solamente come strada
sterrata ed iniziava dalla zona sottostante al
Convento dei PP. Cappuccini per finire
all’altezza dell’attuale Conchiglia. Nella
seconda metà degli anni Cinquanta, in
concomitanza della costruzione di diverse
palazzine popolari e del completamento del Porto
Rifugio, fu ricavata una strada verso ovest fino
alla zona del Caricatore e verso est fino a
Piazza Trento, allora ancora una superficie con
alberi come parte terminale di Bosco Littorio e
con il fabbricato dell’ex Ospizio Marino. Verso
la metà degli anni Ottanta il lungomare fu
completato con il congiungimento della zona di “Macchitella”
a quella dello stesso Caricatore. In particolare
riferendosi al tratto del lungomare che
costeggia il centro di radioterapia (realizzato
sullo stesso posto del fabbricato dell’Ospizio),
quando esso fu realizzato bisognò ricavare due
sottopassaggi, uno per lo stesso Ospizio e
l’altro più a est per quelli che dovevano fruire
della balneazione anche se quest’ultimo mai
utilizzato, erroneamente dal Comune fu
trasformato in canale di scolo di acque bianche.
Il lungomare fino agli anni Settanta
rappresentava il luogo dove la gente, una grossa
fetta costituita da forestieri del circondario,
si riversava per la balneazione e per le
passeggiate; poi con l’inquinamento del
petrolchimico e delle navi, che impunemente
lavavano le stive scaricando i residui
petroliferi a mare, la spiaggia, lo stesso mare,
trasformato in una cloaca, ed il lungomare
furono totalmente abbandonati a favore di altre
zone come “Macchitella”,
“Montelungo”, “Manfria”
e “Desusino”;
Il lungomare, peraltro aggravato da una scarsa
illuminazione, così subì un processo di
incredibile degrado letteralmente abbandonato
dal Comune di Gela.
Il lungomare, però, negli anni Settanta, sia per
le migliorate condizioni ambientali del mare,
sia anche per la posa di una serie di
frangiflutti posti per limitarne l’avanzamento e
che hanno fatto aumentare la superficie
dell’antistante spiaggia, è diventato nuovamente
di moda, soprattutto per i giovani che vi si
sono riversati creando peraltro un giro
economico di notevole entità; di conseguenza sul
lungomare sono stati impiantati stabilimenti
balneari, diversi club privati bar, locali
notturni e pizzerie che oggi sono meta costante
di migliaia di persone.
E la zona residenziale (si fa per dire) di
Manfria, in particolare, che fine ha fatto?
Nella quasi più completa desolazione, peraltro
senza spazi di aggregazione, con strade strette
e una caterva di costruzioni spesso definite
impropriamente come villette!
Una prima parte del lungomare, quello che va dal
pontile alla bretella Borsellino, nel 2015 è
stato oggetto di una riqualificazione con un
progetto dell’Arch. Rino Anzaldi; i lavori di
riqualificazione della seconda parte del
lungomare, iniziati recentemente, riguardano il
tratto che dalla radice del pontile va a finire
all’impianto di trattamento e sollevamento dei
liquami di fronte l’ex stabilimento balneare “La
Conchiglia”.
L’EDUCATORIO D’ORFANE “REGINA MARGHERITA”
Il nostro Comune
da diversi secoli e fino agli anni Cinquanta del
secolo scorso vantava una particolare attenzione
ai giovani minorenni, specialmente quelli
appartenenti a famiglie indigenti, attraverso
pubbliche istituzioni e grazie al contributo di
cittadini facoltosi. L’Ospizio Marino,
l’Ospedale Civico, le Società di Mutuo Soccorso
e quelle di Beneficenza, il Convitto Pignatelli,
il Conservatorio Maschile e l’Orfanotrofio
Femminile hanno avuto qui una loro storia in tal
senso. Ci ripromettiamo di indagare su tali
istituzioni, ma oggi cominciamo a farlo
scrivendo dell’ex Orfanotrofio femminile “Regina
Margherita”. Nel cuore del centro storico di Gela, nel quartiere di Sant’Agostino, prospiciente il Corso, si erge il settecentesco palazzo del “Conservatorio delle Orfane”, originariamente a due piani oltre quello del pianoterra, denominato anche Orfanotrofio o Educatorio “Regina Margherita”, intitolato all’allora sovrana di Savoia regina d’Italia; l’edificio, in origine fino al 1866 sede del convento dei Padri Minimi di San Francesco di Paola, in vari
periodi ha subìto diverse trasformazioni, una di
esse, probabilmente nei primi decenni del
Novecento, fu responsabile dell’eliminazione
dell’antico chiostro del cortile. Tuttora
nell’edificio, all’ingresso dal Corso si trova
uno spazio rettangolare obliterato su una parete
dell’androne, che una volta conteneva la
cosiddetta ruota per i trovatelli.
La costruzione del
convento e della confinante chiesa di San
Francesco di Paola furono realizzati intorno al
1738. Dopo la confisca post-unitaria dei beni
religiosi del 1866, il convento passò al Comune
il quale continuò ad adibirlo, così come
avveniva fin dal 1815, a ricovero per ragazze
povere e orfane. L’orfanotrofio nella seconda
metà dell’Ottocento fu affidato alla
Congregazione di Carità e si resse grazie a
diverse rendite ed elargizioni; ad esempio il
Duca di Terranova e Monteleone, don Diego
Aragona Cortes Pignatelli, contribuiva con
726,75 lire annue. Altri contributi provenivano
dal Comune e da facoltosi cittadini (nel
vestibolo del palazzo esistono diverse lapidi
che ne ricordano i nomi), ma anche dalle rette
delle orfane ricoverate a pagamento e dalla metà
del lavoro (di ricamo e cucito) prodotto dalle
stesse. Un altro introito per il funzionamento
dell’orfanotrofio proveniva dalla partecipazione
delle orfanelle alle processioni di funerali o
per le preghiere corali al cimitero durante la
commemorazione dei defunti.
L’ammissione
delle fanciulle, che era possibile dietro
assicurazione che le stesse fossero “...d’illibati
costumi e nello stato di pura innocenza”,
avveniva dietro precise regole quali, ad
esempio, quelle di essere orfane almeno di
padre, di essere nate in Terranova o nate
altrove da genitori terranovesi, di avere un’età
compresa tra i sei e i dodici anni e di “...aver
ricevuto con buon successo l’inoculazione
vaccinica”. Compiuti i diciotto anni le orfane
concludevano la loro permanenza nel
conservatorio. In origine il personale del pio
istituto era composto da una maestra direttrice
o superiora, da una maestra elementare, da una
maestra tessitrice e da una serva, quest’ultima
anche con funzione di “guardaporta”
e di controllo del parlatorio.
Nei primi decenni
del Novecento, però, a governare l’istituto
subentrarono cinque suore appartenenti
all’ordine delle Figlie di Sant’Anna.
L’orfanotrofio, oltre ad ospitare le orfane nei
due piani superiori era pure adibito, nei locali
del pianoterra, a scuola materna ed elementare.
Negli anni
Sessanta l’Educatorio cessò la sua funzione di
ricovero mentre continuò ad ospitare una scuola
materna, un’elementare e tempo dopo anche il
Liceo Scientifico, allora sezione staccata di
quello di Niscemi. Nell’ultimo decennio, però,
dopo aver ospitato alcune manifestazioni
culturali, fu di nuovo chiuso alla fruizione in
attesa di ulteriori lavori di riattamento. Nel
1998
l’immobile, dopo
essere stato affittato ad una scuola privata,
diventò fino alla sua chiusura sede della Scuola
Musicale comunale “Giuseppe Navarra”. Oggi l’ex
Orfanotrofio ospita la Piccola Casa della Divina
Misericordia e al pianoterra l’università
telematica “Pegaso”.
Qualche lustro fa si pose il problema della
proprietà tra il Comune di Gela e l’IPAB
(Istituto Pubblico di Assistenza e Beneficienza)
della Regione Siciliana finito a favore di
quest’ultimo.
Oltre
all’orfanotrofio femminile esisteva a Terranova,
fino ai primi del Novecento, anche un
Conservatorio maschile, ubicato dietro l’ex
chiesa di San Corrado, all’angolo tra il Corso e
via Marconi, via quest’ultima che in antico era
denominata appunto Strada Conservatorio.
In ultimo due
considerazioni di straforo riferite alla chiesa
del Santo Padre. La prima: la chiesa di San
Francesco di Paola, un vero e proprio presidio
religioso aperto 24 ore su 24 voluto da Don Lino
Di Dio, presenta delle stranezze che fanno
pensare…, e cioè quelle di presentare sulla
facciata quattro grandi bugnati di forma
piramidale, all’interno un’acquasantiera con
sulla base tre piramidi e su un muro dell’abside
la presenza di una lapide dedicata ai fratelli
Aldisio, famiglia che fin dal Settecento è stata
annoverata in ambito massone; la seconda: la
chiesa di San Francesco di Paola e quelle di San
Francesco d’Assisi, del Carmine e dei Cappuccini
sono di proprietà del FEC (Fondo Edifici di
Culto) che
è un ente dello Stato dotato di personalità
giuridica; l'origine del suo patrimonio deriva
dalle leggi della seconda metà del 1800 con le
quali lo Stato Italiano soppresse alcuni enti
ecclesiastici confiscandone le proprietà.
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