QUOTIDIANO
La Sicilia
DISTRETTO GELESE

Dicembre 2021

Argomenti

CARTOLINA DI OGGI

XX SETTEMBRE MCMIII

ALLARME AEREO A GELA NEL XX DELL’ERA FASCISTA

IL REVERENDO LUIGI ALIOTTA, CULTORE DI PATRIE MEMORIE

PORTA MARINA, UNA TESTIMONIANZA MEDIEVALE PERDUTA

------------------------------------------------------

XX SETTEMBRE MCMIII

    La cartolina qui presentata, a parte la rarità, ha un valore storico eccezionale in quanto ritrae la popolazione di Terranova in un corteo istituzionale per la commemorazione del XX Settembre a ricordo della Breccia di Porta Pia, l'episodio del Risorgimento che sancì l'annessione di Roma al Regno d'Italia il 20 settembre del 1870. Non solo, ma è anche lo stesso corteo che proveniva dall’inaugurazione, nella stessa mattinata del 20 settembre 1903, del monumento a Umberto I nella piazza principale. Per quell’occasione su un manifesto dei “Liberi Figli di Gela” della massoneria locale si leggeva: …in questa Città, che pur diede i suoi martiri per il Risorgimento, non verrà mai meno il culto per la venerata memoria di quegli Uomini che, con l’olocausto della loro vita, han dato a noi Italiani la gioia di gridare ora e sempre Viva l’Italia! Viva Roma Italiana!”.

    La cartolina, con la scritta ”La commemorazione del XX Settembre 1903 a Terranova di Sicilia. Il Corteo si reca al Giardino Pubblico”, ritrae migliaia di persone in corteo sul Corso su quella parte del ponte ripieno in cui s’intravvede a sinistra pure la sottostante strada, l’attuale via XXIV Maggio. Questa parte di corso prima dell’attuale denominazione di Corso Salvatore Aldisio ebbe in successione quelle di Strada Borgo, via XX Settembre e C,so Vittorio Emanuele.

    La cartolina (dimensioni 13,80 X 8,80 cm.), riporta sul fronte un francobollo di due centesimi con raffigurata l’aquila sabauda e sul retro, oltre ad un “N.B. Sul lato anteriore della presente si scrive soltanto l’indirizzo”, l’indirizzo appunto del destinatario, la Sig.a Rosa Bevilacqua abitante in Via XX Settembre 6/7 a Genova.

    Una curiosità di tipo venale, il costo della cartolina originale è valutato per la sua rarità e per il suo valore storico intorno ai 200 euro. Probabilità che il Comune di Gela la possa fare propria? Nessuna!!

ALLARME AEREO A GELA NEL XX DELL’ERA FASCISTA

    Durante gli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale a Gela si costituì in riferimento all’UNPA (Unione Nazionale Protezione Antiaerea) un comitato comunale di protezione antiaerea, con a capo il primo cittadino, che aveva la funzione di far adottare tramite l’emissione di un ordinanza rivolta alla città tutta una serie di norme per evitare che l’illuminazione, pubblica e privata, potesse essere di aiuto agli aerei degli Alleati per individuare zone abitate da bombardare. E così, qualche anno prima dell’invasione del luglio del 1943, in ottemperanza a tali norme la pubblica illuminazione doveva essere interrotta dall’imbrunire all’alba. Non solo, tale interruzione avrebbe riguardato lo spegnimento anche delle insegne e delle luci esterne dei negozi e degli esercizi pubblici; stessa cosa sarebbe valso per i globi luminosi dei distributori di benzina, le luci perpetue dei santuari e delle immagini sacre, ma anche quelle dei cimiteri.

    L’ordinanza di limitazione dell’illuminazione prevedeva pure che dall'imbrunire all’alba tutti i veicoli di ogni genere, avrebbero dovuto non solo circolare a velocita ridotta ma anche portare applicati su fari e fanali una maschera nera “con apertura centrale di cm. 3 per 1”.

    Durante il passaggio degli aerei provenienti dal Nord-Africa, dell’USAAF (United States of America Air Force) e da Malta, della RAF (Royal Air Force), che andavano a bombardare le città dell’entroterra isolano e il sud della penisola, il sistema di allarme utilizzato a Gela era quello del suono delle campane delle chiese che dovevano suonare “a martello per la durata di 15 secondi e per sei volte consecutive ad intervalli di 15 secondi”. Durante la segnalazione dell’allarme tutti i veicoli ed autoveicoli privati dovevano arrestarsi immediatamente, per farne scendere i passeggeri, dopo essersi accostati ai marciapiedi di destra in modo da lasciare sgombro il passaggio lungo la strada. In particolare, i quadrupedi dovevano essere immediatamente distaccati dai veicoli a trazione animale “ed assicurati alla parte posteriore dei veicoli stessi frenati”.

    Per quanto riguarda le persone che si fossero trovate nelle piazze e nelle vie, esse avrebbero dovuto sgombrare subito, rifugiandosi in luoghi coperti o nei portoni, che dovevano “…rimanere socchiusi”. Durante l’allarme a nessuno sarebbe stato consentito di rimanere all’aperto. Inoltre, tutte le finestre delle abitazioni dovevano essere socchiuse e le saracinesche dei negozi abbassate. Chiunque, per obblighi di servizio inderogabili, avrebbe dovuto circolare anche durante l’allarme, doveva essere munito di apposito documento di riconoscimento. Per quanto riguardava gli allarmi in concomitanza delle ore notturne l’oscuramento avrebbe dovuto essere totale. “Gli Ospedali, uffici, stabilimenti industriali, esercizi pubblici, i negozi ed i locali di pubblico spettacolo, debbono assicurarsi di luci sussidiarie, per il caso dovesse essere tolta anche l’illuminazione privata”. Il segnale di cessato allarme era dato con il suono delle campane a distesa, per la durata “di 2 (due) minuti primi”.

    I trasgressori alle disposizioni dell’ordinanza di allarme, erano denunziati all'Autorità giudiziaria, per l’applicazione “a loro carico delle sanzioni previste dall'articolo 650 del Codice Penale”. Nonostante tutte queste misure di limitazione, Gela, al di là di alcune bombe di aereo sganciate nel suo centro storico forse per errore, non fu mai soggetta a nessun bombardamento sebbene fosse stata scelta come punto nevralgico in Sicilia dello sbarco americano. E capirne il perchè significa rifarsi a vicende di tutt’altra peculiarità storica.

 

IL REVERENDO LUIGI ALIOTTA, CULTORE DI PATRIE MEMORIE

    Diversi nel tempo sono stati a Gela i sacerdoti che si sono distinti nella loro attività pastorale e per le qualità di integrità morale e religiosa. Uno di questi è stato il compianto Don Luigi Aliotta. Prima di stabilirsi definitivamente a Gela, fu sacerdote a Valguarnera e ad Enna; oltre alla sua attività pastorale fu socio della Società Italiana per il Progresso delle Scienze, un'associazione fondata nel 1908 che si occupa tuttora della promozione delle Scienze e delle loro applicazioni , e portavoce della SIPS, Società Italiana di Psicologia Scientifica fondata nel 1911.   

    Studioso di cultura classica con la passione dell’archeologia, s’interessò nel dopoguerra a diverse campagne di scavo che allora erano eseguite qui dal Soprintendente Dott. Pietro Griffo e successivamente dai Proff. Orlandini e Adamesteanu. Verso la fine degli anni Quaranta, durante la demolizione sul viale Mediterraneo di una linea di edifici che partivano da via Giacomo Navarra Bresmes per arrivare fino a Porta Marina per l’edificazione del nuovo Municipio, si dice che sia riuscito a convincere la Soprintendenza ai Monumenti di Palermo a far risparmiare Porta Marina con l’attiguo Bastione, struttura quest’ultima dove poi al suo interno nel 1993 fu rinvenuta casualmente una Porta trecentesca della cinta muraria federiciana, struttura medievale di cui si era persa memoria.

    Non solo sacerdote ma anche studioso di storia patria, produsse diverse pubblicazioni contribuendo a far conoscere la storia antica di Gela. Pubblicista e corrispondente di giornali a tiratura nazionale (L 'Avvenire d 'Italia e L 'Osservatore Romano) e regionale (La Sicilia e il Giornale di Sicilia) Don Luigi Aliotta fu anche predicatore e conferenziere. Tra i suoi scritti pubblicati si ricordano “La festa della Patrona di Gela” del 1949, “Storia della miracolosa effige di Maria SS. dell'Alemanna” del 1950, “3 mila morti in Sicilia per il terremoto dell'11 gennaio 1693”, “Trentacinque chiese siciliane dedicate alla Vergine Assunta”, “Gli scavi di Gela” del 1951, “Gela nei secoli da Eschilo alla scoperta del petrolio” del 1957 e “Gelone il Vincitore dei Cartaginesi” del 1959.

    Renzo Guglielmino e la compianta Rosetta Maganuco, nostri validi cultori di patrie memorie, in una loro biografia di Don Luigi Aliotta scrivevano: …Quasi tutte le sue pubblicazioni evidenziano quel tempo lontanissimo attraverso la narrazione di fatti storici e momenti esaltanti di eroismo e di grandezza, mentre in altre opere viene esaltata la fede religiosa nonché l'amore e la tradizione di un popolo verso l'immagine della madonna dell'Alemanna, Patrona della nostra città” (R. Guglielmino) e …Nelle sue opere c’è una vastità e una serietà di documentazione storica ed archeologica straordinaria, una grande informazione bibliografica. Era un appassionato bibliofilo e possedeva libri di eccezionale valore che spesso consultava; le sue conoscenze storiche erano vaste e dettagliate” (R. Maganuco).  

    Nonostante l’importanza del personaggio, sacerdote, cittadino esemplare e contributore culturale e storico di Gela, le locali amministrazioni comunali e la diocesi di appartenenza l’hanno sempre ignorato e mai hanno pensato di ricordarlo alle future generazioni con delle benemerenze alla memoria.

    Don Luigi Aliotta, sacerdote della nostra curia, nonché uno dei più importanti cultori nostrani di patrie memorie e di cui con questo articolo si rispolvera la memoria, scomparve a 55 anni il 10 luglio di sessant’anni fa.

PORTA MARINA, UNA TESTIMONIANZA MEDIEVALE PERDUTA

    La storia di Porta Marina! E’ una di quelle storie che dimostra in modo eclatante il disinteresse, l’insipienza, la stoltezza e l’ignoranza generazionale degli amministratori di una città nei confronti dei suoi beni culturali.

    Porta marina, assieme a Porta Vittoria, Porta Licata, Porta Caltagirone e la postierla del Pertugio era uno dei cinque ingressi alla città medievale, allora denominata Terranova. Porta marina fu realizzata nella seconda metà del 1500 a ridosso di un’altra Porta trecentesca più piccola, quest’ultima scoperta nel 1993 durante un restauro e di cui si sconosceva l’esistenza perché nascosta dall’attiguo bastione da ben cinque secoli.

    Nella seconda metà degli anni Cinquanta, gli amministratori comunali fecero la scelta di voler dare alla città un’immagine di modernità, però, purtroppo in diversi casi a danno di alcuni dei suoi beni culturali come ad esempio il cinquecentesco convento dei PP. Conventuali e la chiesa rinascimentale di Sant’Antonio Abate che furono abbattuti. Toccò poi di radere al suolo tutti fabbricati a ovest del municipio, compresi Porta marina e l’attiguo Bastione (quindi con annessa porta trecentesca), ma grazie all’intervento del compianto reverendo Luigi Aliotta, cultore di patrie memorie, queste ultime strutture furono fortunatamente risparmiate.

 

 

    Verso la fine degli anni Sessanta, nell’ambito di un progetto di restauro di tali antiche strutture i conci delle due arcate di Porta Marina furono numerati dalla Sovrintendenza (non si riesce a sapere se fu quella di Agrigento o l’altra ai Monumenti di Palermo) nella prospettiva di una ricostruzione, ma quando furono smontati e conservati, si disse al Museo archeologico di Gela, tempo dopo se ne persero le tracce. E senza che nessuno mai delle istituzioni, enti locali e sovrintendenze archeologiche compresi, abbia voluto mai indagare e, che si sappia, nemmeno denunziarne la scomparsa all’autorità giudiziaria competente.

    L’usura del tempo e le piogge, però, inevitabilmente logorarono la consistenza di quel che era rimasto di Porta Marina al punto tale che nei primi di ottobre del 2000 si produsse un rovinoso crollo che fortunatamente non provocò nessun danno alle persone, in particolar modo ai carabinieri che sostavano nei paraggi per la vigilanza del Tribunale allora ubicato lì vicino. Si fece pulizia del crollo e quanto ancora rimaneva in piedi fu puntellato e messo in sicurezza per dare la possibilità del passaggio tra via Marconi e viale Mediterraneo.

    Da quel momento in poi e fino ad oggi nulla è stato fatto; il puntellamento è sempre lì, le vestigia non sono state per niente restaurate e nessuno, fino ad oggi (e forse ancora per altri decenni), si è interessato a ricomporre quel che era una volta una struttura di epoca medievale. E così di Porta Marina, praticamente è rimasto… solo il nome! Però, a questo punto, nulla vieterebbe di considerare questo ventennale puntellamento anche… come bene archeologico (sic)!

Home page