QUOTIDIANO
La Sicilia
DISTRETTO GELESE

Dicembre 2022

Argomenti

- CARTOLINA DI OGGI -

VIA STAZIONE VISTA DA PORTA CALTAGIRONE

LA MEDICINA E LA VACCINAZIONE A TERRANOVA

RICORDI DI GOLIARDIA ALLA CASA DELLO STUDENTE DI CATANIA

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VIA STAZIONE VISTA DA PORTA CALTAGIRONE

    La cartolina degli anni ’30 ritrae la via Stazione, oggi via Omero, che dal quartiere Porta Caltagirone per mezzo di una serie di rampe di scale conduceva al vecchio scalo ferroviario, con sulla destra un canalone, eliminato negli anni Quaranta per la costruzione di diversi filari di case. Sulle rampe della scalinata si notano diverse persone tra cui un carabiniere, distinguibile dalla bandoliera bianca. Sullo sfondo si osserva il fabbricato principale della Stazione ferroviaria ed ancora più a nord, oltre a dei covoni di grano, la pianura con a sinistra la “Rotabile Settefarini” e a destra la trazzera che porta al santuario della Madonna d’Alemanna di cui s’intravvede la facciata. Alla fine degli anni Sessanta lo scalo ferroviario fu trasferito nella sede attuale, a nord del Villaggio Aldisio. Il primo tronco ferroviario della città, quello di Terranova-Licata, della linea Santa Caterina-Caltanissetta-Licata-Terranova, fu inaugurato il 28 marzo del 1891.

    Nel 1984, durante lo scavo nell’area dell’ex scalo ferroviario per la realizzazione del prolungamento della strada di via Recanati verso est che continua con via Falcone, sono stati rinvenuti resti di strutture murarie, databili al VI sec. a.C., riferibili ad un santuario dedicato alle divinità ctonie e ad un complesso abitativo del IV sec. a.C. con alcuni stenopoi. Pertanto, per garantire la stessa area archeologica fu realizzato un ponte stradale che rese possibile ricavare un’enorme superficie sottostante, sulla quale poter realizzare uno spazio protetto adiacente agli stessi scavi archeologici. E per renderne possibile la fruizione fu costruita una struttura a giorno con delle intelaiature chiuse da spesse vetrate. Ma finiti i finanziamenti regionali per portare a termine l’opera prevista, tutta la struttura venne totalmente abbandonata dalla competente istituzione, peraltro senza aver provveduto ad un adeguato sistema di controllo remoto (stessa cosa è avvenuta per il Castelluccio), tant’è che appena dopo qualche anno fu presa di mira da feroci vandali i quali tra l’altro fecero a gara per sfondare le vetrate con una putrella di ferro. Dal 1984 a oggi sono passati ben 38 anni e nessuno delle istituzioni competenti sembra essersi accorta di tale scempio.

    Sul retro della cartolina, indirizzata alla “Gentile Sig.na Maria Loreto Modica ad Avola (Siracusa)”, si legge “32846 2270 a, Ediz. Eugenio Costa - Gela - Vietata riproduz., STAB. DELLE NOGARE & ARNETTI - MILANO” e “Augurì affettuosi e cari baci Maria e Rosa”.   

    L’affrancatura si riferisce ad un francobollo, rettangolare con sfondo color arancio, di venti centesimi (timbrato con data 20.6.30), emesso dalle Poste del Regno in occasione del matrimonio del principe ereditario Umberto II di Savoia con la principessa Maria Josè del Belgio di cui sono riportati anche i relativi mezzi busti con i due stemmi reali raffiguranti ripsettivamente il leone rampante e la croce sabauda, un classico francobollo da collezione.

LA MEDICINA E LA VACCINAZIONE A TERRANOVA

    Mentre ci troviamo in una fase pandemica altalenante di covid, si propone al lettore una piccola fetta di storia ottocentesca sulla medicina e sulla vaccinazione di un piccolo Comune della Sicilia sud-occidentale quale era allora Terranova di Sicilia, dal 1927 in poi ritornata all’antica denominazione greca di Gela.   

    A Terranova di Sicilia, nella seconda metà del 1800, la medicina non era messa tanto male, infatti per i circa 13mila suoi abitanti esistevano nove farmacie, quattro medici-chirurghi e un “semplice chirurgo”, quattro medici condotti in servizio nell’ospedale civico per i poveri e due levatrici. La vaccinazione, in particolare contro il vaiolo, nella popolazione era frequente e veniva effettuata con “pus umanizzato”, ovvero un po’ di linfa vaiolosa trattata, prelevata da una pustola di un soggetto nel quale la malattia aveva avuto un decorso benigno; in Italia l'ultimo episodio risale al 1957, anno in cui si verificarono a Napoli otto casi originati da un turista proveniente dall'India, dove aveva contratto l'infezione. A livello mondiale, l'ultima manifestazione del vaiolo si ebbe in Somalia nel 1977.

    Per quanto riguarda le febbri malariche, la scabbia e le malattie degli occhi come il tracoma, esse erano frequentissime nella popolazione terranovese di allora; in inverno comparivano anche casi di pleuro-polmoniti e tisi polmonari, mentre risultavano frequentissimi i reumatismi articolari. In merito alle malattie esantematiche, la scarlattina ebbe effetti gravi e altalenanti nella popolazione, grave negli anni 1864, 1871 e 1872, anni in cui infierì insieme all’angina difterica, quest’ultima benigna nel 1868 e nel 1880. La presenza del morbillo fu quasi sempre benigna, la difterite comparve la prima volta nel 1871 e dal 1873 al 1884 oscillò tra il grave e il benigno. Nel 1868 comparve il vaiolo a cui seguirono mezzi di isolamento adeguati. Il colera asiatico (malattia infettiva acuta caratterizzata da violenti scariche diarroiche, vomiti e crampi) funestò il Comune di Terranova nel 1837, 1854 e 1867. “…mentre nella 1a invasione fortissimo, nella 2a e sufficientemente grave nell’ultima”.

    Nel comune vi erano un ospedale e un sifilicomio, ambedue ubicati nel soppresso convento dei PP. Cappuccini. Il primo a carico del Municipio, il secondo aperto dal Comune per accogliere le prostitute affette da sifilide “il quale per esse riceve la diaria pattuita dal Governo”. Non esisteva nessun ricovero per anziani, per mendicità e per disabili. L’ospedale civico disponeva di quaranta letti e il sifilicomio di venti.

    L'antico ospedale civico, intitolato originariamente a San Giovanni di Dio, ubicato un tempo nel largo Santa Lucia (appendice di piazza Sant’Agostino), dopo la confisca dei beni religiosi in seguito alla legge 7 luglio 1866 n.3036, nel 1870 fu trasferito nei locali del Convento dei PP. Cappuccini, precedentemente adibito in parte a lazzaretto durante il colera del 1867. Negli stessi locali del convento oltre all'ospedale (intitolato successivamente a Vittorio Emanuele II o III, non si sa con precisione, probabilmente al primo) furono ospitati un Sifilicomio, un Ricovero per trovatelli con relativo alloggio per le balie e persino una Scuola Agraria.

    …E qui mi permetto farvi la proposta di voler disporre che sia fatta una spesa, la quale non sarà di certo incompatibile cogli attuali mezzi del Comune, per introdurre dentro l’Ospedale il bagno a doccia, oramai riconosciuto utilissimo ed anzi necessario”. “…Il credito acquistato da quest’opera umanitaria e civile aumenta di anno in anno, e gli ammalati che nel passato rifuggivano di avvicinarvisi, oggi reputano a fortuna l’esservi ammessi, e vi accorrono fiduciosi e spontanei…”. …Si sa da tutti noi, che i morbi che maggiormente affliggono la nostra popolazione in tutti i tempi, e soprattutto nelle stagioni di està, e di autunno, sono: le febbri intermittenti, le poerniciose, le diaree, le dissenterie, le tifoidee”.    

    …Da ciò ne consegue, che esiste un centro d’infezione. …E questo centro d’infezione, non dobbiamo trovarlo solo nelle campagne, ma dobbiamo cercarlo nel miasma interno, in quel miasma che resta inosservato, che fa grande strage della popolazione, che colpisce gli abitanti della città…”; “…Due potenti fattori viziano la nostra aria; due potenti fattori influenzano la nostra popolazione, e la tengono immersa in una perenne atmosfera morbifica. “…1° Le emanazioni putride risultanti dalla decomposizione delle materie organiche. 2° Il miasma proveniente dal suolo o miasma tellurico. Le amanzioni putride… soprattutto ci sono fornite dalle materie escrementizie, e dalle acque lorde trasportate dall’acquedotto della strada Carmine, e che restano depositate vicino le mura, a sud della città, a cielo aperto, sotto l’azione dei raggi solari, ove formano - come di dice Pasteur - un centro fermentescibile…”. NdR: le parti del testo virgolettato sono state tratte dall’opuscolo “Ospedale Comunale di Terranova”, un “Reso-Conto dell’Amministrazione” tenutasi nell’anno 1879 a cura di Giacomo Russo, allora Direttore del Civico Ospedale; il tutto contenuto in un faldone dell’Archivio Storico del Comune di Gela.

RICORDI DI GOLIARDIA ALLA CASA DELLO STUDENTE DI CATANIA

    Non mi è stato facile, dopo più di mezzo secolo, riordinare i ricordi dei diversi anni passati a Catania durante la frequenza universitaria, ricordi relativi non solo al contesto politico in cui si viveva durante il Sessantotto ma anche a quello goliardico, allora in via di estinzione.

 

 

    Nel trasferimento da Gela a Catania per frequentare l’Università ebbi la possibilità di entrare alla Casa dello Studente di via Oberdan quando ancora vi era un ambiente tranquillo non politicizzato e dove ancora rimanevano quei residui di goliardia rivolti alle matricole universitarie. Solo il “benestare degli anziani” all’inizio dell’anno accademico poteva esentare le matricole dagli atti di goliardia e ciò avveniva quasi sempre con il rilascio del cosiddetto “papello” o “papirum”, una specie di “lasciapassare” posticcio su carta per incartare o a volte su carta pergamena, annullato con una marca da bollo da una lira e redatto in latino maccheronico, ornato di disegni caricaturali e a volte anche pornografici, preceduti da “decretamus tibi F.F. matricula quo debit attinere ad regulas”, con in genere dieci “raccomandazioni”: “I. Respectare semper Antianos”; “II. Numquam studere sed arrubbacchiare”; “III. Bonae puellae amicae antianos presentare”; “IV. Respectare bidellos”; “V. Numquam contra ventum pisciare” oppure “Tasse pagare (grande malasorte) sed non studere”; “VI. Spernacchiare magistros”; “VII. Pomiciare cum collegas”; “VIII. Cinema solo cum antianos ire”; “IX. Ubi minor maior cessat; “X.  Semper salutant et facere magna offerta ad Antianos”. Immancabile anche il riquadro con “Lex Menga, lex Volga, lex Gay lussac, lex Keplero”; a volte era pure riportato il “Cacas minimum code” che così recitava: “Non verum est quod cacas cibus est pessimus, sed relevium est dentium qui codicem cacas rodere non possunt.”

    Il papello era sempre firmato dagli studenti universitari, spesso fuori corso, con relativo numero di matricola e in particolare da quello più anziano definito come “Pontificem maximum Siculorum Gymnasium”. Il “papello”, con la scritta finale “Decretamus intromittere fetentissimam matriculam intra soglias Universitatis et deambulare in Regiae Universitatis in nomine Bacchi Tabacchi Venerisque”, era concesso previo pagamento di un pedaggio di natura mangereccia o di beveraggio o di sigarette e sempre seguito da scherzi a non finire; uno di questi era quello di scrivere e disegnare con un pennarello sul posteriore ignudo della matricola e qualche volta anche di rasare i capelli in un sol lato della testa; a volte qualche “anziano” decideva di inviare la matricola a fare una dichiarazione d’amore ad una collega che si trovava casualmente nelle vicinanze. Una notte nella Casa furono individuati due matricole che erano sfuggite all’usuale iniziazione; furono, pertanto, invitate se non costrette ad uscire dalle loro stanze e, dopo averle coperte di rotoli di carta igienica a mo’ di vestito, con un corteo di una cinquantina di studenti della Casa furono accompagnati al vicino Jolly Hotel come se da sposati andassero a richiedere una camera d’albergo, ovviamente il tutto corredato da schiamazzi e battute di mani a cui i residenti della zona, nonostante la tarda ora, forse si erano ormai abituati. Che una volta qualcuno di quegli studenti matricole si fosse ribellato! O che qualcuno dei residenti avesse fatto intervenire le Forze dell’Ordine! Mai successo che io sappia! Alcuni lustri fa andai alla Casa dello Studente e rispetto a quando vi abitavo mi impressionò il fatto che sembrava di trovarsi in …un convento.

    L’ambiente della Casa dello Studente allora era quasi perfetto, c’era tutto quello che poteva servire agli studenti ospitati; la mensa con pasti a prezzi convenienti; il “museion”, una capiente sala con biblioteca e televisione spesso utilizzata per ospitare gli studenti esterni durante importanti partite di calcio; citofoni e telefoni nei corridoi; il servizio di lavanderia a prezzi stracciati; le signore cosiddette “della pulizia” sempre gentili e benevole come delle madri; quel padre di famiglia di Basile, direttore della Casa, che tanto sopportò..., insomma, bisognava solo studiare e darsi le materie.

    Con l’acuirsi dei contrasti tra il Movimento Studentesco e le istituzioni universitarie, in primo piano l’Opera Universitaria (alla cui direzione subentrò il prof. Guido Ziccone, divenuto poi membro del CSM), anche la Casa dello Studente cominciò ad entrare, come si suol dire, in politica con la nascita della “Commissione di Controllo” tutta fatta di residenti. Così da una maggioranza di studenti collocabili in ambienti della borghesia di allora, si passò ad un’altra collocabile in parte nell’area di sinistra ma sempre di estrazione borghese o quasi.

    I residenti, componenti la Commissione di Controllo della Casa dello Studente, stranamente  e cosa abbastanza insolita, in tarda serata si ritrovavano con gli studenti della controparte, quelli di Gela in particolare, tant’è che assieme si andava spesso al cinema Alfieri, si ricenava a tarda notte, peraltro gratuitamente dopo essere entrati furtivamente nella cucina della mensa; ma anche si scherzava prendendo di volta in volta di mira qualche studente della Casa considerato “babbigno” e a cui il versamento anonimo di secchiate di acqua e il lancio di bucce di anguria sulle serrande della stanza era senza fine; ma non solo ai residenti della Casa, diverse volte alcuni sacchetti di plastica pieni d’acqua erano destinati a chiunque si trovasse a passare nelle vicinanze dello stabile; addirittura anche all’allora Magnifico Rettore Cesare Sanfilippo, uscito dalla Casa dopo aver partecipato ad un’assemblea con gli studenti, sacchetto (buon per lui) schivato per un soffio.

    Quanti amici da ricordare a partire dal personale della Casa come Gianni Strano, Turi Pappalardo, Barbagallo tutti e tre turnisti della portineria; lo “zio” Saro e lo “zio” Turi Vinciguerra, il sig. Vasta, questi ultimi due addetti al centralino telefonico, il Sig. Sorbello che staccava nella mensa i tagliandi per mangiare, il Sig. Santo addetto al servizio di mensa e il Sig. Sgarlata col figlio, gestori del bar della Casa. E quanti amici di vita notturna; tra  i tanti l’avolese Lello Vaccarella, il priolese Enzo Misenti, conosciuto col titolo di “professore” per la sua “sapienza”, il conterraneo Angelo Blanco, il nisseno Antonio Ginevra sempre disponibile con la sua Renault 4 a due cilindri, il ragusano Ezio Gurrieri, il siracusano Nuccio De Vivo, Gigi Caruso, rispettato e riverito per le sua signorilità e le sue caratteristiche di personaggio maturo, l’ennese Totò Padalino, l’agrigentino Salvo Lala, genio dell’elettronica, peraltro progettista e realizzatore di una improvvisata radio privata “CdS” all’interno della Casa, Dimitri Tarzakis (?), proveniente dalla Grecia al tempo della dittatura dei colonnelli, subito appropriatosi di usi e costumi dei residenti della Casa, ecc.

    Tutti colleghi universitari che abitavano nella Casa e di cui non ho avuto più modo di avere loro notizie.

 

 

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