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La Sicilia
DISTRETTO GELESE

Giugno 2021

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CARTOLINA DI OGGI

IL CASTELLO DI FALCONARA

LA MADONNA DELLE GRAZIE NELLA CHIESA DEI PP. CAPPUCCINI

DA GELA, NEL LUGLIO DEL 1943, PARTI’ LA LIBERAZIONE DELL’ITALIA



IL CASTELLO DI FALCONARA

    A circa 15 chilometri da Gela, in territorio di Butera, nei pressi della statale 115 per Licata, si erge su uno sperone roccioso, bagnato dal mare e circondato da una folta vegetazione, il Castello di Falconara.

    Costruito intorno al 1400, probabilmente sui resti di una struttura fortilizia normanna, e ampliato in epoche successive, rappresenta un tipico esempio di fortezza medievale con più ordini di mura merlate, bastioni, torrioni angolari e avanzate, spalti sporgenti ed al centro il maschio principale che i signori dell’epoca adibivano all’allevamento dei falconi, da cui deriva appunto il nome del castello.

    Il territorio di Falconara, prima della costruzione del maniero, unitamente alla contea di Butera, fu dato in dono a Ugo Santapao da Re Martino I d’Aragona per l’appoggio datogli nelle lotte contro le fazioni avverse; la tenuta e il castello passarono poi ai Branciforte, succeduti ai Santapao nel dominio di Butera, i quali nel 1540 acquisirono il titolo di principi. Dopo svariate vicissitudini, il castello nei primi dell’Ottocento pervenne al Conte Wilding, ufficiale tedesco, quale dote della consorte Caterina Branciforte, figlia dell’ultimo principe di Butera. Nel 1848 fu acquistato dal barone Antonio Chiaramonte Bordonaro che lo trasmise in linea diretta all’attuale proprietario.

    Nel suo interno riccamente arredato e decorato, oltre a numerosi trofei di caccia, suppellettili e addobbi d’epoca, si conservavano pure una ricca raccolta di ceramica e una collezione di dipinti di autori fiamminghi.

    Nelle immediate vicinanze del castello esisteva fino a diverse decine di anni fa uno stabilimento balneare realizzato negli anni Cinquanta, il “Lido Sorriso” che serviva un’ampia e frequentatissima spiaggia.

 

LA MADONNA DELLE GRAZIE NELLA CHIESA DEI PP. CAPPUCCINI

 

   Quel che sempre fa piacere trovare nei conventi dei PP. Ca­ppuccini, oltre alla silenziosità e alla tranquillità, è il ca­rattere ospitale dei frati; inoltre, con la loro fun­zionale organizzazione, legata anche all'esistenza di una “gerarchia ruo­tante”, accudiscono le chiese e i con­venti con una oculata gestione delle offerte dei fedeli.

La Chiesa dei PP. Cappuccini ieri

    La chiesa dei PP. Cappuccini, confinante con la villa comunale, dedicata originariamente a Santa Maria degli Angeli o della Porziuncola, fu edificata ad una sola navata, assieme al confinante convento, nella metà del XIII secolo dai Frati Minori Conventuali di San Francesco d’Assisi.

    Gli stessi Frati per evitare le incursioni barbaresche che imperversavano allora si trasferirono dentro le mura della città, nella nuova ubicazione dell’attuale chiesa di San Francesco d’Assisi, probabilmente allora una chiesuola dedicata a San Michele Arcangelo.

   I frati Cappuccini fecero la loro comparsa a Terranova nel 1575 do­po che un anno prima ebbero la con­cessione dai Frati Minimi Conventuali del lo­ro antico sito, abbandonato fin dal 1481. I Frati Cappuccini ripararono l'antica chiesa e l’annesso convento e nel 1585 innalzarono una torre di segnalazione a schermo delle barbaresche incursioni che poi fu demolita nel 1895. 

    Dal 1730 al 1733, ad opera del predicatore P. Bonaventura La Rosa, al di sotto della chiesa furono ricavate delle cripte, con una centrale più grande (tuttora esistente anche se modificata) per la sepoltura dei frati. Nel 1867, dopo la confisca dei beni religiosi, il convento, divenuto proprietà del Comune di Terranova di Sicilia, fu riattato e trasformato prima in lazzaretto; poi, a partire dal 1870, ospitò l’ospedale civico, un sifilicomio, un ricovero per trovatelli e una Scuola Agraria, mentre dall’orto-giardino nel 1878 fu ricavata l’attuale Villa Comunale. Nel 1935 fu co­struita la navata sinistra e il 30 giugno dello stesso anno la chiesa fu consacrata a San Francesco e alla Madonna delle Grazie dal vescovo di Lipari Fra’ Bernardino Re Cappuccino. Nel 1962, su una parte di superficie ricavata dalla de­molizione del vecchio convento, fu edificata la navata sud. Fino alla fine degli anni Sessanta il Convento di Gela ospitava una quarantina di giovani seminaristi, aspiranti frati cappuccini.

Polittico dell'altare maggiore

La Chiesa dei PP. Cappuccini oggi

    La chiesa presenta una facciata con lastre di pietra bianca delle cave di Comiso con portali in stile neo-gotico dei tre ingressi con strombature e colonnine, rosone a ruota con vetrata e due piccole torri (senza campane) con cuspidi; il tutto realizzato nel 1944 su progetto dell’Arch. Enrico Borra. Sempre sulla stessa facciata sono presenti due nicchie, disposte ai lati dell’ingresso principale, con i simulacri della Madonna delle Grazie e di San Francesco d’Assisi realizzati dai fratelli Pulichino di Comiso.

    Verso la fine degli anni Cinquanta il confinante convento, assieme all’antico chiostro, fu demolito e successivamente ricostruito. Ed ancora, oltre al trasferimento del campanile a vela con relativa campana del 1864 (dalla facciata principale al terrazzo dietro la cuspide della chiesa), le nicchie dell’antica cripta centrale, dopo il trasferimento degli scheletri dei frati nell’ossario comunale, furono tamponate per essere poi eliminate. La chiesa fu decretata parrocchia nel 1966.

    Nella chiesa dei PP. Cappuccini, oltre a quattro lapidi e diverse statue (di cui alcune lignee di pregio), si evidenzia un altare con stemma mariano sul cui ciborio si trova il dipinto della Graziosa Vergine degli Ammalati, attribuito al pittore palermitano Luigi Borremans (1715/1720-1749), figlio del più noto pittore fiammingo Guglielmo; nell’altare centrale esiste un pregiato e grande polittico del 1722 con quattro dipinti del terranovese Calogero Avvocato con cornici in legno intarsiate raffiguranti Santa Apollonia, Santa Cecilia, San Venanzio e San Vito; al centro del polittico esiste un’intercapedine con la statua del 1813 raffigurante la Madonna delle Grazie col Bambino, commissionata dal Cappuccino P. Benevenuto Battaglia allo scultore palermitano Vincenzo Genovese; davanti a questa statua scorre un dipinto su tavola del 1700 raffigurante Santa Maria della Porziuncola attribuito a Filippo Paladini; sempre nell’altare centrale, inoltre, è presente un’artistica custodia del 1691 in legno scuro a due ripiani del SS. Sacramento, opera di Girolamo e Innocenzo da Malta. Nella chiesa è presente un tetto a capriata, coperto una volta da un soffitto a cassettoni, e una cantoria lignea con intarsi.

    Nel transetto, infine, vi sono quattro dipinti: quelli di San Serafino di Montegranaro, di San Fedele di Sigmaringa, della Sacra Famiglia con San Bernardo di Corleone, di epoca secentesca attribuito ad un pittore della scuola di Guido Reni, e di San Lorenzo di Brindisi, probabilmente anche questo di epoca secentesca.

    Lungo il corridoio della canonica fino a diversi decenni fa esisteva una serie di tele ottocentesche raffiguranti dei PP. Cappuccini.

    La chiesa dei Cappuccini è dedicata al culto della Madonna delle Grazie la cui festa ricorre il 2 di luglio.

Santa Maria della Porziuncola, dipinto di Filippo Paladini

Maria Lactans o Madonna del Latte

    La Madonna del Latte nella chiesa dei PP. Cappuccini è un dipinto su tavola del Settecento raffigurante la “Graziosa Vergine degli Ammalati”, attribuito al pittore Luigi Borremans; tale dipinto in epoche passate, prima del suo trasferimento a Gela, si trovava nella chiesa dei PP. Cappuccini di S. Filippo di Agira in provincia di Enna.

    Quello della Madonna è il tema iconografico più ricco di tutta l’arte cristiana. L’iconografia è risalente all’Antico Egitto, epoca in cui erano diffusissime le immagini della dea Iside che allattava il figlio Horus e il cui culto durerà ancora a lungo intrecciandosi con il Cristianesimo. Tra i vari tipi di icona che i crociati portarono dall’Oriente, particolare fortuna ebbe in Occidente il tipo della Galaktotrophousa, cioè della Madonna che allatta il Bambino, un tema diffuso dal XII a tutto il XVIII secolo.  In questo dipinto viene rappresentata la Madonna allattante con il Bambino tenuto col braccio destro (a differenza della statua della Madonna delle Grazie dell’altare maggiore che lo tiene sul braccio sinistro), il quale è ritratto in modo del tutto naturalistico mentre è rivolto verso lo spettatore sulle ginocchia della Madre che ha il seno scoperto.

    L’iconografia della Madonna del Latte decadde con il Concilio di Trento i cui dettami imposero ai vescovi di eliminare o ritoccare tutte quelle immagini ritenute sconvenienti e fuorvianti.

Graziosa Vergine degli Ammalati, dipinto su tavola di Luigi Borremans

 

Le statue bronzee

    Il 4 ottobre 1983 sul piazzale del belvedere antistante al convento, nella ricorrenza dell’8° centenario della nascita di San Francesco d’Assisi fu inaugurata una statua bronzea del Santo; nel dicembre del 2008 sulla parte più alta del terrazzo del convento fu istallata una statua in lega bronzea, dotata di un meccanismo ruotante, alta 6 metri del peso di 18 quintali.

Le canderole e la svestizione durante la processione

     La festa in onore di Maria Ss. delle Grazie, che ricorre il 2 di luglio, è una delle più prestigiose e significative di Gela e a cui partecipa un gran concorso di popolo; i votati alla Madonna, molti a piedi nudi, nella processione del fercolo portano in mano una canderola, un lungo e grosso cero inghirlandato di fiori, con una effige della Santa; durante la stessa processione i fedeli danno delle offerte e in ogni sosta avviene il rito della svestizione dei bambini graziati dalla Madonna che vengono svestiti sotto lo stesso simulacro ed alzati verso il cielo dalle mani di un frate cappuccino. E’ usanza comune, ancora nella stragrande maggioranze dei gelesi, iniziare la stagione balneare proprio all’indomani di questa stessa festa.

    La seguente giaculatoria, risalente alla notte dei tempi, compendia una immutata tradizione locale di devozione alla Madonna delle Grazie:

Svestizione di un bambino durante la processione del fercolo

 

O Maria di li Razzi

nni Vui vegnu ppe’ razzi

ppi’ ssi tririci scaluna chi cchianastivu a ddunucchiuna

ppo’ Bamminu c’aviti ‘mbrazza

cunciritimi ‘sta razzia

 

L’incoronazione della statua della Madonna il 1° luglio del 1958

    Preceduta il 28 giugno del 1958 da un solenne pontificale in rito armeno, celebrato da S.E. il Vescovo Mons. Cirillo Zohrabian Padre Cappuccino di Costantinopoli, tre giorni dopo, il 1° di luglio, la statua della Madonna e del Bambino furono incoronate sul sagrato della Chiesa Madre dal Cardinale Clemente Micara alla presenza di Salvatore Aldisio, del Sindaco Vitali, di altre autorità e di uno strabocchevole concorso di popolo. Le corone auree furono realizzate nel 1958 dalla Ditta romana di Arte Sacra dell’Ing. Arnaldo Brandizzi; le foto di tutta la cerimonia furono scattate dal fotografo Com. Attilio Gugliemini e donate per devozione dallo stesso al Convento dei PP. Cappuccini dove tuttora si trovano.

 

Incoronazione della statua

 

 

DA GELA, NEL LUGLIO DEL 1943, PARTI’ LA LIBERAZIONE DELL’ITALIA

 

    Il 10 luglio 1943 Gela e la sua costa furono l’epicentro di vicende mondiali. La storia di Gela divenne storia nazionale e mondiale e la storia nazionale e mondiale si fece storia gelese. Il 10 luglio non fu allora solamente l’inizio della liberazione della Sicilia ma anche l’inizio del crollo del regime fascista. Qui è avvenuta la “Battaglia di Gela”, il primo e più importante tragico e cruento conflitto tra americani della VII armata USA e soldati della Divisione “Livorno” dell’allora Regio Esercito Italiano. Divisione Livorno che allora, nonostante il soverchiante numero di mezzi e di soldati americani, tenne alto e salvò l’onore militare di una intera Sicilia a differenza di altre parti dell’Isola dove prevalsero la resa, la fuga e il tradimento. Qui si trovano ancora i luoghi della memoria che nel silenzio assordante della pianura ci evocano ancora con forza il sacrificio umano.

Comando americano all'Albergo Trinacria

La Regione dovrebbe incentrare a Gela l’anniversario dello sbarco Alleato

    Quindi è a Gela, come sostiene con forza lo scrivente, che si dovrebbe imperniare l’interesse di tutta la comunità, non solo siciliana e italiana, ma anche europea nel ricordo di questo importante avvenimento. Pertanto, sarebbe giusto e opportuno che la Regione, a partire da questo prossimo 78° anniversario dello sbarco Alleato, incentrasse e valorizzasse qui a Gela l’etica della storia dell’olocausto di migliaia di soldati e civili. Proprio qui a Gela dove è partita la rinascita della democrazia.

Notizie dell’Intelligence alleata in un opuscolo dato alle truppe prima dello sbarco

    La preparazione dello sbarco alleato in Sicilia si basò anche sull’azione dei servizi segreti anglo-americani i quali nella preparazione dello sbarco contribuirono a far conoscere a priori la situazione sociale, economica e politica della realtà siciliana; Sicily Zone Handbook 1943 e Soldier’s Guide to Sicily, due pubblicazioni distribuite prima dell’invasione alle truppe da sbarco, riportavano infatti notizie sulla Sicilia di allora riferite alla topografia, al clima, alla mafia, alle tradizioni religiose, agli usi e costumi, al dialetto, alla salute e alle malattie (dissenteria, tifo, malattie veneree, malattie trasmesse dall’acqua, ecc.), alle monete, a pesi e misure, alle antichità, ai notabili ed agli amministratori di tutti i comuni, alle organizzazioni ecclesiastiche, alla pubblica istruzione e persino alle superstizioni.

    Su uno dei due opuscoli si legge “…il siciliano medio vive di pasta (la famiglia degli spaghetti-maccheroni) con salsa di pomodoro e un po' di carne, sarde, tonno, formaggio o olio d'oliva per aggiungere una varietà di sapori”, mentre in quella parte riferita alle province e ai comuni, alla voce Gela tra l’altro si legge:

“Popolazione di 32.885 abitanti (1939);

Podestà (Mayor): Comm. Vincenzo Gueli (1939);

Segretario Capo del Comune: Michele Colucci (1942);

Segretario politico Casa del Fascio: Francesco Battaglia (1939);

Conciliatore (arbitrator) Deputy: Cav. Angelo Bevilacqua (1941);

Parroco (parish priest): Don Emanuele Martorana;

Banfi: Rural Bank in liquidazione con il Cav. Giacomo del Guercio in qualità di commissario (1943);

Esattore (collector of taxes): Banco di Sicilia (1939)”.

Mafia e massoneria a servizio degli Alleati

    Oltre all’azione dei servizi segreti, importante in diverse zone della Sicilia fu anche l’appoggio di Cosa Nostra all’intervento anglo-americano che poi, a operazione Husky conclusa, fu contraccambiata dalla condiscendenza del governo militare provvisorio, l’AMGOT (Allied Military Government Occupied Territory) nel favorire esponenti mafiosi che spesso oltre ad assumere cariche di prefetto e di sindaco ebbero mano libera sul mercato nero ed altre illegali attività. Una cosa rimane certa, nel 1943 la mafia isolana, rinvigorita dalla benevolenza degli americani, pose le basi per il controllo totale di diverse attività lucrose, attività che nei decenni a seguire, grazie soprattutto alla collusione con politici felloni, le fecero assumere un notevole potere economico e di anti-stato. I mafiosi Genco Russo, Calogero Vizzini e Lucio Tasca Bordonaro, tanto per fare un esempio, allora per il loro “contributo” agli americani, furono “premiati” con la carica di primo cittadino rispettivamente a Mussomeli, a Villalba e, addirittura, a Palermo.

    A quanto sembra, infine, anche diverse logge massoniche collaborarono con l’intelligence anglo-americana in particolare quella operante a Gela che vantava allora una tradizione abbastanza consolidata senza escludere i suoi precedenti probabili rapporti con le logge massoniche americane.

    La difesa della Sicilia fu un’impresa quasi impossibile, non come più volte affermato per la sproporzione tra le truppe alleate e quelle italo-tedesche (181.000 uomini nelle prime e 260.000 nelle seconde), ma per la superiorità degli Alleati nel dominio del cielo e del mare; peraltro, vincente fu il fatto che la gittata dei cannoni delle navi Alleate poteva arrivare fino a 30-40 Km. di distanza e ciò permetteva alle stesse navi di essere lontani dalla costa e quindi di non incappare nelle acque minate; e i tiri di interdizione indisturbati delle navi statunitensi, tra il 10 e il 12 luglio contro le Divisioni “Livorno” e “H. Goering”, nella piana di Gela ne furono la dimostrazione.

10 luglio 1943 sbarco americano, foto dal ponte di una nave con a sinistra resti del pontile sbarcatoio

 

 

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