QUOTIDIANO
La Sicilia
DISTRETTO GELESE

Giugno 2022
ARGOMENTI

Cartolina di oggi: La Stazione ferroviaria

Il carcere

Il cotone

Cartolina di oggi: La Stazione ferroviaria


    La cartolina, dei primi anni Dieci, prodotta dalla “SOCIETA’ AN. IT. INDUSTRIE GRAFICHE - TORINO”, ritrae l’antica Stazione Ferroviaria di Terranova di Sicilia (Gela dal 1927) con il fabbricato che riporta il numero 235,519, riferito al chilometro, e la scritta Terranova. Sul marciapiede del primo binario, tra il folto gruppo di persone in attesa del treno a vapore di cui s’intravvede l’arrivo, si distinguono due reali carabinieri e a destra dei vagoni sul secondo e terzo binario, oltre a un secondo fabbricato sullo sfondo con tetto a falde con la scritta Terranova.

    Il tronco ferroviario Terranova-Licata lungo 37 Km., della linea Santa Caterina Xirbi-Caltanissetta-Licata-Terranova, fu inaugurato il 29 marzo del 1891. La linea aveva due fermate intermedie, quella della Stazione di Butera sulla pianura e l’altra nei pressi di Falconara; il percorso Terranova-Licata, svolto quotidianamente da quattro treni, durava in media un’ora e dieci minuti, mentre quello da Caltanissetta a Terranova impiegava 5 ore e dieci minuti. L’orario delle partenze era alle 4,15 e alle 11,18 da Terranova, mentre da Licata i due treni partivano rispettivamente alle 6,30 e alle 14,05. I prezzi dei biglietti di prima, seconda e terza classe erano rispettivamente di £.8,35, £.5,80 e £.3,80. La gestione della ferrovia era svolta dalla “Società Italiana per le strade ferrate in Sicilia con sede in Roma.

    In occasione dell’inaugurazione del tratto della linea ferrata Terranova di Sicilia-Licata nel 1891 a binario unico, furono prodotti degli opuscoli che riportavano tra l’altro delle poesie di cui ci piace riportare qui quella di un conterraneo, tale Luigi Vitali, che così recita: “Di vita apportator, fumante ordegno / Ove corri fulmineo al par dei venti? / Ove dirizzi il vol, senza ritegno, / Cigolando con macchine possenti? / Lo veggo: a te ne vien, che ne sei degno, / Popolo industre: il plauso di tue genti, / Che qui risuona, d’esultanza è segno: / Inneggia lieto ai sospirati eventi. / Né viene ei solo: vivido di luce, / Messaggero di fervidi desiri, / Lo guida un genio: in mistico tributo, / Ei d’amistanza caldi sensi adduce, / E auspici e voti candidi e sospiri… / E di Licata il genial saluto!”.

    I tempi di percorrenza del citato “fumante ordegno”, che correva “fulmineo al par dei venti”, tra Gela e Licata erano di circa un’ora e un quarto con una velocità media di 30 Km. orari.

    Nel 1928 fu messo in esecuzione il progetto della linea ferrata Gela-Niscemi-Caltagirone-Catania di 137 Km., iniziato con la tratta da Gela fino a Caltagirone e bloccato subito dopo per le vicissitudini del periodo bellico. Nell'aprile del 1952 i lavori furono ripresi e per il loro completamento passarono ben 27 anni con una media annua di 1,7 chilometri per la posa dell’unico binario; l'apertura al traffico della linea avvenne il 29 novembre del 1979. La tratta così, arrivando a Caltagirone, permetteva di continuare per Catania con un tempo complessivo di percorrenza di quasi tre ore e con uno stillicidio di fermate tipico di una ferrovia d’epoca quale ancora è l’attuale.

    Il 24 luglio 1977 l’originario scalo ferroviario che si vede nella cartolina fu trasferito nella sede attuale ubicata a nord del Villaggio Aldisio in c.da Giardinelli. Successivamente, mentre nell’area dell’ex stazione ferroviaria erano in corso i lavori per la realizzazione di un tronco stradale in continuazione di via Recanati, affiorarono le vestigia di un insediamento urbano del VI-V sec. a. C. che comportò la modifica del progetto con la costruzione di un cavalcavia, sotto il quale tempo dopo, con una spesa considerevole (di cui mai si è saputo l’ammontare), fu realizzata un’enorme struttura museale che senza mai avere avuto il tempo di essere terminata fu abbandonata dalla Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Caltanissetta, peraltro senza la dovuta sorveglianza, con il risultato che tale area subì una totale distruzione vandalica paragonabile a quella antica dei Goti, dei Vandali e degli Unni nel periodo dell’Impero Romano d’Occidente.

    Nel 2009 fu prevista, sicuramente a fine elettoralistico, l´attivazione della linea veloce ed elettrificata sui 183 Km a binario semplice della tratta Siracusa-Ragusa-Gela, cosa mai accaduta. E purtroppo questa tratta ancora oggi si compie in tre ore e mezza con una littorina (locomotive diesel D 343 e D443) con punte di velocità massima di 100 Km. orari.

    L'8 maggio 2011, sul tratto Niscemi-Caltagirone al km 326,600, la linea fu interrotta dal crollo della nona e decima arcata e di un pilone del viadotto di “Ponte di Piano Carbone” prima della galleria di San Nicola Noce. L’inutilizzazione forzata della tratta Gela-Caltagirone così non è passata inosservata ai “collezionisti di binari” (…e ti pareva!!), tant’è che recentemente in contrada Priolo è avvenuta una sottrazione di qualche chilometro che non è continuata grazie al provvidenziale intervento dei Carabinieri del Comando Territoriale di Gela.

    Un progetto per la ricostruzione del viadotto crollato e per la riapertura della tratta ferroviaria Gela-Caltagirone fu presentato nell'agosto 2018 con la previsione di riaprire la tratta nel 2022 (sic) e ciò, nonostante che da allora già si parlava di tagliare i cosiddetti “rami secchi” tipo le tratte che passano e partono dalla stazione ferroviaria di Gela. Stazione ferroviaria di Gela “…dov’è silenzio e tenebre la gloria (si fa per dire) che passò…” per rifarsi all’ode manzoniana del “5 maggio”.

 

Il carcere mandamnetale

IL CARCERE CELLULARE MANDAMENTALE DI GELA

 

    Nel Comune di Gela esisteva fino ad un cinquantennio fa un carcere mandamentale ubicato dentro l’abitato in c.da “Turrazza” nei locali adiacenti alla Scuola Santa Maria di Gesù “…con un pianterreno che riceveva poca luce e poca aria al contrario del primo e del secondo piano”. La capacità normale era di venti detenuti anche se nel 1884 il numero massimo arrivò a ventisette. L’ubicazione del Carcere Mandamentale, prima di avere sede nei locali dell’ex Convento degli Osservanti a Santa Maria di Gesù, si trovava in un fabbricato prospiciente la stradina di via Donizetti, allora appunto denominata via Carcere, nei pressi della chiesa di San Francesco, di fronte all’ex Pretura, in una località “pessima ed incomoda per la salubrità e per lo spazio…”.

    In merito alla soppressione e confisca dei beni ecclesiastici, che avvenne in tutt’Italia nella seconda metà dell’Ottocento, l’amministrazione comunale di Terranova di Sicilia fu pronta a recepire gli effetti della legge del 1866 redigendo una deliberazione per chiedere all’Amministrazione del Fondo per il Culto la gratuita concessione di tutti i conventi esistenti, nel caso specifico quello degli Osservanti per poter ubicare il carcere mandamentale.

    Il progetto per i lavori occorrenti alla “Conversione e sistemazione del fabbricato del soppresso Convento di Santa Maria di Gesù a Carcere cellulare Mandamentale…” fu redatto nel 1886 ad opera dell’allora Ing. Civile del Comune Dott. Rocco Failla. Le celle carcerarie previste per i detenuti erano di tre tipi: “1. celle pei detenuti lievi e condannati a pene di Carcere, o sussidiarie del Carcere, o per minorenni”; “2. celle pei detenuti importanti e gravi, correi o complici, o imputati di reati contro la proprietà”; “3. cella uso prigione di rigore…”. Inoltre, “…Il piano superiore del Carcere era riservato alle donne con una camera per donne adulte, o meno adulte, e condannate a pene di carcere, con celle per donne detenute imputate di grave crimine, corree o complici e con camera per pubbliche meretrici detenute…”.

    Dopo la demolizione del vecchio carcere all’angolo di via Matteotti con via Verga, che probabilmente funzionò fino alla seconda metà degli anni Sessanta, la città di Gela, oltre a due inaugurazioni e consegna delle chiavi andate a vuoto, dovette aspettare ben 50 anni prima di vedere completato un altro carcere, che da mandamentale (prima della riforma dell’ordinamento penitenziario del 1975) doveva essere circondariale in concomitanza della presenza del Tribunale. Infatti, progettato nel 1959, finanziato nel 1978 e iniziato a costruire in c.da Balate (distante due chilometri a nord della città) nel 1982, il Carcere fu inaugurato il 28 novembre 2011. Questa struttura penitenziaria è dotata oggi di “4 sezioni maschili suddivise su due piani per una capienza regolamentare di 48 detenuti comuni, tollerabile fino a 94, in attesa di giudizio e con quelli appartenenti al circuito di media sicurezza…”, almeno questo è quanto ritrovato su un sito internet dedicato.

    In merito alla denominazione della citata c.da Turrazza essa deriva dal fatto che fino al 1951 esisteva addossata alle mura di cinta medievali in via Verga, allora denominata Circonvallazione Nord, una torre, conosciuta meglio come “turrazza”, provvista di un campanile a vela del XVIII sec.; una torre trecentesca o più probabilmente secentesca che forse, essendo allora pericolante, fu demolita per la logica allora imperante nel nostro Comune della “demolitio necessa est”. E ciò, nonostante il parere contrario della Soprintendenza ai Monumenti della Sicilia Occidentale di Palermo, parere cicostanziato in una lettera inviata al Comune di Gela in data 23 ottobre 1951 in cui si scriveva che: “…Dall’esame eseguito sul posto e dalla documentazione fotografica si rileva che, sebbene precaria la parte basamentale della torre di cui in oggetto, non si riconosce la necessità di demolizione…”. La “Turrazza” così andò a farsi “benedire”!

Il Cotone a Gela

    La coltivazione del cotone, il cosiddetto “oro bianco”, assieme maggiormente a quella del grano, è stata da tempo la caratteristica principale dell’agricoltura di Gela; sul cotone, un prodotto della terra che diede un significativo contributo economico ed occupazionale alla città fino agli anni Sessanta, pertanto, vale la pena di scriverne sinteticamente un pezzo di storia.

    Introdotta in Sicilia dagli arabi nel XII secolo la coltivazione del cotone per ben cinque secoli ebbe una lunga fase di prosperità che terminò nel XVII secolo con l’ingresso in Europa della produzione asiatica prima e nel secolo successivo di quella nordamericana dopo. La produzione del cotone in Sicilia ebbe un notevole incremento in coincidenza della guerra di secessione americana del 1861-1865 che costrinse in particolare le industrie manifatturiere europee a servirsi di altre nazioni, anche se successivamente la fine della guerra civile americana ridimensionò abbondantemente la produzione siciliana del cotone.

    Nel 1864 in Sicilia erano coltivati a cotone circa 34.000 ettari, addirittura un terzo di quello nazionale, con 54.000 quintali di raccolto. Nel seconda metà dell’Ottocento, dopo il termine della guerra di secessione americana, la cotonicoltura nell’Isola si ridusse a quasi 10.000 ettari per poi arrivare nel 1911 a ridursi ancora della metà. Al di là di diversi ettari di terreno coltivato a cotone nelle campagne del circondario di Sciacca, la quasi totalità della cotonicoltura e del relativo raccolto interessavano la pianura di Gela.

    L'industria della sgranatura del cotone a Gela (ovvero la separazione rapida con macchine sgranatrici delle fibre di cotone dal resto della pianta costituito dai fusti e dalle bacche che contengono i semi), tra l’Ottocento e fino agli anni Cinquanta del secolo scorso, ebbe uno sviluppo assai considerevole ed era esercitata in diversi stabilimenti. La bambagia, (i fiocchi di cotone), ricavata dalla coltivazione si esportava generalmente via mare sulle piazze di Genova, Milano e Napoli. I semi in genere si esportavano a Malta. Le balle di cotone esportate in genere avevano un peso di 200 Kg. ciascuna.

    Qui di seguito si fa cenno degli stabilimenti più importanti operanti in città tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento.

    - La ditta “Jacono & C.” impiegava 35 operai adulti, di cui 10 maschi e 25 femmine, e disponeva di un motore a vapore della forza di 18 cavalli dinamici. Il lavoro nello stabilimento Jacono durava senza interruzione da settembre a tutto gennaio ed anche a tutto febbraio, secondo l'abbondanza del raccolto, essendo la materia prima di provenienza locale.   

    - La ditta “A. Amavet & C.” esercitava nello stabilimento “Immacolata Concezione” due industrie alternativamente: la macinazione dei cereali, che durava dal maggio all'ottobre, e la sgranatura del cotone; quest’ultima cominciava alla fine di settembre e durava fino a novembre nelle annate di cattivo raccolto del cotone, mentre nelle annate buone durava fino a gennaio o addirittura fino a tutto febbraio. Alla sgranatura attendevano 30 operai adulti, composti da 5 maschi e 25 femmine. Lo stabilimento, ubicato sul lungomare quasi di fronte all’attuale fatiscente “Lido Eden”, disponeva di un motore a vapore di 12 cavalli di forza. L’ultimo vestigio, costituito da una ciminiera con la scritta DUCE, di tale stabilimento fu eliminato nel 1995.

    - Esercitava pure la doppia industria della macinazione dei cereali e della sgranatura del cotone la ditta di Sebastiano Ventura nello stabilimento “Maria della Manna” che attendeva alla sgranatura per conto di commercianti che poi esportavano i prodotti. Per la macinazione si impiegavano ordinariamente 6 lavoranti maschi adulti; quando si sgranava il cotone, vi si aggiungevano 10 donne adulte. Lo stabilimento disponeva di un motore a vapore della forza di 8 cavalli.

    - La ditta “Lidestri & C.” impiegava nella sgranatura del cotone 7 operai e disponeva di un motore di 6 cavalli di forza.

    - L’Opificio “Consolazione”, che disponeva di un motore a vapore della forza di 16 cavalli, nella sgranatura del cotone occupava 3 operai.

    - Lo Stabilimento Industriale “Gela - Molitura grani e sgranatura cotone di Bresmes & C.” ubicato in contrada Settefarini, occupava 12 operai.

    - Lo stabilimento “La Sicilia” di La Rosa Cav. Calogero, “Molitura grani cilindri e palmenti”, ubicato in via Apollo, occupava 8 operai.

    - Lo stabilimento “Maria SS. delle Grazie”, con macinazione del grano e sgranatura del cotone dei “Fratelli Maganuco & C.”, ubicato in via XX Settembre (oggi via S. Aldisio) occupava 30 operai tra uomini e donne.

    - Lo stabilimento “San Francesco di Paola”, della ditta “Sfarinati di Cannilla Alessandro & C.”, ubicato in contrada Orto Bugè (un quartiere a sud di piazza Calvario) occupava 7 operai.

    - Lo stabilimento “SpA Molino Pastificio Gela” in via Tevere, a lato dell’ex passaggio a livello, nacque dalla conversione di un preesistente cotonificio denominato “Molino a Cilindri Gela” con annessa sgranatura di cotone di proprietà di tale Arrostuto Antonio fu Antonio. Fu demolito diversi lustri fa per dar posto ad un edificio civile.

    - Il Molino di proprietà di Luigi Liardi in via Gen. Cascino.

    - Due molini di denominazione sconosciuta uno in via Dinomane, demolito qualche lustro fa, e l’altro in via Fratelli Bandiera di proprietà di tale Bosco.

    - Il Molino D’Argenio.

    - Il Molino Domicoli.

    - Un opificio per la sgranatura del cotone, di proprietà della signora Agatina Rizza vedova Malerba, esisteva nella vicina Niscemi; esso disponeva di un motore a vapore della forza di 12 cavalli e di due palmenti, uno per la macinazione dei cereali e l’altro per la sgranatura del cotone. L'opificio di sgranatura occupava, per circa 60 giorni dell'anno, 13 operai adulti, di cui 3 maschi e 10 femmine. Il cotone grezzo proveniente dal territorio si smerciava nella stessa Niscemi e a Gela.

    - Un opificio, di cui si sconosce la denominazione, probabilmente adibito alla sgranatura di cotone, si trovava in via Feace nello stesso posto dove adesso sono ubicate le Scuole Elementari “Maria Antonietta Aldisio”.

    In complesso gli opifici di Gela e quello di Niscemi, che operarono dalla fine dell’Ottocento a primi del Novecento, occupavano nella sgranatura del cotone, per alcuni mesi dell'anno, più di 100 lavoranti, per la maggior parte donne con una materia prima che era di produzione locale, essendo il cotone coltivato in proporzioni abbastanza notevoli nella Piana del Gela.

    Agli inizi degli anni Sessanta, con l’introduzione sul mercato del cotone egiziano e soprattutto con la diffusione delle fibre sintetiche, la cotonicoltura a Gela, così come nel resto della Sicilia e dell’Italia, cominciò ad avere un inesorabile tracollo che portò alla graduale scomparsa di un’importante fonte di reddito e di lavoro per la città ed il suo circondario.

   Diversi lustri fa a Gela si tentò di rilanciare la produzione del cotone che, però, non diede per diversi motivi i risultati sperati. In particolare furono fatti due tentativi uno, di inizio anni Ottanta, dalla Regione Siciliana tramite un’associazione di produttori e l’altro nel 1986 da un gruppo di imprenditori gelesi che istituirono l’azienda “PRO.GE.CO. Siciliana Cotoni” con la collaborazione della Facoltà di Agraria dell’Università di Catania.

    I “Campi Geloi”, di virgiliana memoria, coltivati da secoli abbondantemente a cotone, da tempo non esistono più; oggi il loro ricordo rimane nella memoria della gente anziana e in qualche rara documentazione fotografica.

Home page