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DISTRETTO GELESE

Marzo 2021

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UNA COLONNA DORICA E UN MONUMENTO AI CADUTI
LE BIZZARRIE DELLA TOPONOMASTICA DI GELA
GIACOMO NAVARRA BRESMES, SINDACO DELLA CITTA’, STRONCATO DA UN INFARTO NELL’AULA MAGNA DEL MUNICIPIO
 

UNA COLONNA DORICA E UN MONUMENTO AI CADUTI

 

    Non c'era riuscito nemmeno Phinzia, nel 282 a.C., a radere completamente al suolo la polis di Gela, cosa che invece riuscirono a fare gli stessi gelesi a partire dal 1233, quando fu fondato, sul si­to dell'antica Gela, il “castrum” fe­dericiano di Heraclea-Terranova. Dalla sistematica distruzione medie­vale si salvò miracolosamente una sola colonna dorica appartenen­te all'opistodomo del tempio di Athena del 480 a.C., forse per l'arcano destino di perpetuare, come a voler sfidare l'eternità, il ricordo di una civiltà classica che espanse la sua potenza e la sua cultura in quasi tutta la Sicilia.

    Oggi la colonna dorica è anco­ra lì, nell’ex Parco delle Rimembran­ze, un’oasi di verde sbaraccata come se nulla fosse dall’allora Soprintendenza di Agrigento; parco un tempo sito dell'a­cropoli di Gela greca con la colonna in “isola­mento” a combattere, ieri contro l'aria ammorbata delle esalazioni putri­de e venefiche del vicino petrol­chimico, oggi contro l’usura del tempo. Alla colonna dorica, quasi a tenerle compagnia, gli sta vicino il “fante di bronzo” a ricordo dei caduti terranovesi della Grande Guerra, “impassibile”, quasi a volerci ammonire che l'amor patrio è una cosa im­prescindibile dal patrimonio spirituale di una civile popolazio­ne e che per salvaguardarlo si pa­ga anche con l'olocausto della vita. Figuriamoci oggi a quanta gente può importare ciò!!

    Recentemente è stata fatta la proposta di traslare il suddetto monumento dall’ex Parco alla piazzetta di Largo San Biagio affinchè lo stesso, da tempo dimenticato, ritorni a “stare in contatto e a parlare” con la gente.

                                                                                                       Nuccio Mulè



LE BIZZARRIE DELLA TOPONOMASTICA DI GELA

 

    Non abbiamo mai contestato il fatto che la scelta delle denominazioni da assegnare alle vie sia compito di una commissione all'interno del Consiglio Comunale. Quello che invece condividiamo poco è l'operato passato dei consiglieri comunali a cui è stato demandato tale compito. Senza voler rimproverare nessuno ci permettiamo di ricordare che l’attribuzione delle denominazioni alle vie è regolata da una specifica normativa che spesso, nella sua applicazione per le vie di Gela, ha lasciato il tempo che trova. Oltre al fatto che nessun regolamento vieta alle commissioni consiliari di toponomastica di coinvolgere a scopo consultivo persone che potrebbero dare loro un valido contributo e ciò, anche se in verità pochissime volte, è già accaduto in passato.

Denominazioni “à gogo”

    Purtroppo, il poco razionale criterio nella denominazione o ridenominazione delle vie, negli anni passati e in quelli più recenti a Gela, ha creato situazioni spesso ridicole e talmente grottesche da alienare vie e quartieri dal contesto storico-culturale della città. Mi riferisco, ad esempio, a toponimi come “Aretusa” (al posto di Via Ex Giudicato), “Recanati” (si poteva denominarla “via Ex Linea Ferrata”); ed ancora “Venezia” (stesso percorso della vecchia Regia Trazzera Zammito), “Pisa” (al posto di Via Spirone di cui compare ancora la targa), “Marconi” (al posto di Via Porta Marina), “Rossini” (al posto di Via Delle Signore di cui compare ancora la targa), “Cadorna” (al posto di Via Polizza Vecchia di cui compare ancora la targa), “Menotti” (al posto di Via Canalazzo), “Vittorio Veneto” e “Diaz” (rispettivamente al posto di Piano e di Via Don Ascanio - la targa riportante quest’ultima denominazione è stata eliminata qualche anno fa), “Donizetti” (al posto di Via Carcere, appunto perché lì si trovava l’istituto di pena) e tantissimi altri che sono stati usati in contesti che nulla hanno a che vedere con le vicende storiche, e non solo storiche, dei luoghi che già possedevano delle denominazioni adeguate, peraltro di antica origine.

    Per quanto riguarda la Via Ex Giudicato, paradossale e grottesca è stata la sua cancellazione, sostituita con Via Aretusa e ciò accadde perché si pensava a torto che in tale via transitassero i carcerati che erano portati nel vicino carcere mandamentale, ubicato tempo fa dietro le “Scuole Rosse” di Santa Maria di Gesù; disconoscendo il fatto che la denominazione di Ex Giudicato si riferiva non ai carcerati o agli ex giudicati ma al palazzo municipale (il Giudicato del Circondario di Terranova che comprendeva i comuni di Butera, Niscemi, Mazzarino e Riesi); palazzo municipale che, prima della confisca dei beni religiosi del 1866 da parte del Regno d’Italia, era ubicato su tale via che allora, quindi giustamente, portava la denominazione di Via Giudicato. Quando poi il Municipio fu trasferito nell’ex Convento dei PP. Conventuali di San Francesco d’Assisi (stesso luogo dove si trova l’attuale Municipio), la strada cambiò denominazione in Via Ex Giudicato. Appunto!!

    E’ stato scelto pure il tiranno siracusano Agatocle per dare il nome ad una via, quella a nord dell’ufficio postale “Gela centro”, personaggio responsabile nel 310 a.C. di aver fatto uccidere quattromila conterranei. E non vogliamo scrivere delle denominazioni errate delle vie come quelle di “Eutimo”, al posto di Entìmo uno dei due fondatori di Gela greca, di “R. Bettini”, al posto di  Bettino Ricasoli, di A. Petronio (con la A puntata come se si riferisse ad un nome) al posto di Petronio arbiter, ecc.; oppure quelli di personaggi della Macrostoria, delle Lettere, delle Arti, della Geografia e delle Scienze scelti a caso dalle enciclopedie senza un benché minimo contesto di razionale ripartizione nei vari quartieri della città. E così si è fatto anche incetta di santi, di dei della mitologia greca e romana, di pianeti del sistema solare, di città e di stati dell'America Latina (vedi contrada Scavone) e persino di strade consolari romane (vedi quartiere del fondo Iozza), tanto... “tutte le strade portano a Roma”. E che dire dei cognomi di personaggi che, mancando del primo nome sulle targhe, hanno costituito motivo di ilarità, tipo “Pizzetti”, “Tosti”, “Tortini”, “Bill”. “Cardillo”, “Lupi”, ecc.

    Eppoi che senso ha avuto proporre come denominazioni quegli Stati e quelle città dell'America latina? Vie come “La Paz”, “rio de Janeiro”, “Tarapaca”, “Talca”, “Lota”, “Navassa”, “Anguilla”, “Santa Fè”, “La Pampa”, “Salta”, “Arica” ecc. E tutto ciò in virtù di cosa? Semmai si potevano proporre quelle città e quegli stati delle due Americhe dove significative sono state, e tuttora sono, le presenze di comunità di emigrati e di oriundi gelesi, tipo Paterson, New York, Brookline, Poughkeepsie, Buenos Aires, ecc.

Le vie assegnate a Manfria, scelte tra fiori, ortaggi e verdura da un dizionario di botanica

    E che dire ancora dell'ultima scelta fatta alcuni decenni fa dalla commissione di toponomastica del Consiglio Comunale sui toponimi assegnati alle vie dei quartieri nella frazione di Manfria? Veramente qui si è raggiunto il fondo; come si è potuto avallare l'operato di una commissione di toponomastica che sulla base di un dizionario di botanica ha assegnato alle vie i nomi di piante, fiori, alberi e ortaggi (sic), insomma denominazioni da verdumaio. E a proposito delle vie di Manfria, nel marzo del 1990 un dirigente del Comune contattò lo scrivente per avere diverse decine di appropriate denominazioni dei quartieri che insistono nella frazione di Manfria, cioè denominazioni che avessero un reale riscontro soprattutto nel contesto storico, in particolare dalla protostoria al medioevo. Così, dopo una serie di ricerche dello scrivente abbastanza impegnative tra mappe e varie documentazioni d’epoca, il dirigente ebbe soddisfatta la richiesta con 59 denominazioni, ripetiamo: da assegnare allora alle vie di Manfria!!. Decenni dopo, quelle denominazioni (tipo vie Ossidiana, Canalotto, Cassibile, Altamira, Trinacria, Stentinello, ecc.) fornite al dirigente comunale, furono sì assegnate, anche se in notevole ritardo, ma non a Manfria (sic) bensì a nord di via Venezia e a ovest di via Butera, quindi luoghi al di fuori del contesto storico per cui erano state individuate!! Tanto, tutto fa brodo...

Tre vie col nome di Guttadauro

    Infine, a chiusura di questa per niente edificante parentesi dei toponimi, dal momento che a Gela esistono tre vie con la denominazione di Guttadauro, si vuole conoscere (si chiede venia per l’ignoranza) a quale personaggio è riferito il toponimo della via che si trova nel quartiere Rabatello a ovest di via Matteotti, dal momento che il primo di tale toponimo è la Medaglia d’Oro Emanuele al Villaggio Aldisio e il secondo, di recente denominazione, è quello del Dott. Nunzio, ex sindaco della città di Gela, nella zona a nord dell’ex Cantina Sociale. Si ribadisce e si richiede scusa per l’ignoranza: e il terzo?

Una buona notizia

    Però, in questo marasma, una buona notizia c’è: l’attuale commissione di toponomastica, presieduta dal consigliere Arch. Giuseppe Morselli, recentemente ha sposato il progetto di aggiungere alle targhe stradali, per prima quelle del centro storico murato, la primitiva denominazione nonchè il primo nome, ma anche l’attività, quando si tratta di vie dedicate a personaggi. Bene, era ora!!

Nuccio Mulè

GIACOMO NAVARRA BRESMES, SINDACO DELLA CITTA’,

STRONCATO DA UN INFARTO NELL’AULA MAGNA DEL MUNICIPIO

 

    Era un giorno di seduta della Giunta municipale quel 24 giugno del 1911, nell'Aula Magna del vecchio palazzo comunale di Terranova, e a presiederla era il cav. Giacomo Navarra Bresmes, sindaco da un settennio della nostra città. Verso le 14,00, mentre la stessa seduta volgeva al termine, ci fu un corri corri verso il tavolo della presidenza dove, qualche istante prima, colto da forti dolori, si era accasciato sullo stesso seggio di presidenza il Sindaco. Il primo a prestargli soccorso fu il consigliere farmacista Giuseppe Clementi in attesa dell'intervento di un medico, il quale, giunto dopo poco tempo, constatò subito le gravissime condizioni in cui versava il Navarra; l'unico aiuto possibile fu quello di lenire le “atroci soffrenze” causate dalla “paralisi”, tantè che qualche ora dopo, all'interno dello stesso municipio, il sindaco della città esalò l'ultimo respiro.

La notizia della morte

    La notizia della morte si sparse in un baleno nell'intera città. Centinaia di persone, ancora incredule, accorsero al Municipio, assiepandosi attonite davanti all’ingresso, e nell'arco di qualche ora la piazzetta antistante si riempì completamente. La Giunta comunale, riunitasi d'urgenza in modo informale, con l’autorizzazione dei familiari del sindaco deceduto, decise di erigere il catafalco nella stessa aula consiliare, “...la salma è rimasta là dove egli morì...”.

Chi era Giacomo Navarra Bresmes

    Giacomo Navarra Bresmes nacque il 27 luglio 1865 da famiglia aristocratica, adusa alle lotte per la libertà della Patria fin dai moti rivoluzionari del 1848. Perduto il padre in tenerissima età, fu educato rigidamente dalla madre, che fece di lui il culto, lo scopo, la missione della sua vita. Divenuto sposo e padre, fu nella famiglia esempio di virtù domestiche assai rare. Iniziò la sua vita pubblica con l’elezione a consigliere comunale nel 1899. Nel 1902, chiamatovi dal suffragio popolare, fece parte del Consiglio provinciale di Caltanissetta. Nel dicembre del 1904 fu eletto sindaco di Terranova. Durante la sua sindacatura furono realizzati, tra l'altro, l'illuminazione elettrica della città (l'inaugurazione avvenne il 14 maggio del 1908), il trasferimento del civico ospedale nei riadattati locali del monastero delle Suore di Clausura di San Benedetto Abate, l’ampliamento di piazza Umberto I, i progetti esecutivi per la fornitura di acqua potabile da sorgente e per l'edificazione del primo nuovo edificio scolastico della città, quello di Santa Maria di Gesù. Giacomo Navarra fu una forte fibra di uomo politico. Svolse una continua, incessante, febbrile vita di lotte amministrative, combattute con dignitosa energia, con costanza, con precisione di scopo e saldezza di propositi non comuni. Frutto della sua opera faticosa, di quel lavoro arduo, alacre, quotidiano che lo costringeva ad allontanarsi da tutti gli agi di una tranquilla vita domestica, furono l'avviamento o la soluzione completa di parecchi vitali problemi della pubblica amministrazione di allora.

Il Consiglio Comunale e il testo della lapide

    Il Consiglio comunale riunitosi in seduta straordinaria il 6 luglio 1911, dopo il discorso commemorativo per il sindaco deceduto, pronunziato dal Pro Sindaco Nicolò Di Bartolo, decise all'unanimità di intitolare a perenne ricordo del Cav. Navarra la via Marina, da Porta Caltagirone alla Croce a mare. Inoltre, su suggerimento del consigliere Mariano Coco il Consiglio decise che “...a spese dei singoli Consiglieri sia ricordata, con lapide marmorea, ai posteri, la sua tragica fine, in questa Sala che fu la sua camera ardente...”. Sulla lapide, murata su una parete della stessa sala consiliare (lapide andata perduta agli inizi degli Anni Cinquanta durante la costruzione del nuovo Municipio) si leggeva:

QUESTO MARMO RICORDA

CHE IL XXIV GIUGNO MCMXI

GIACOMO NAVARRA BRESMES

CONSIGLIERE DE LA PROVINCIA

SINDACO DEL COMUNE NATIO

REPENTINAMENTE CHIUSE LA GIOVANE VITA

PRA LE MURA DI QUESTA CIVICA SEDE

SUL SEGOIO DI PRIMO MAGISTRATO DE LA CITTA

DOVE NON RIPOSO UN ISTANTE

PER LA CONTINUA ELEVAZIONE DEL PAESE

DIMOSTRANDO COMPIUTO

COL SACRIPICIO DE L’UOMO

IL PIU ALTO DOVERE DEL CITTADINO

IL CONSIGLIO COMUNALE E I CITTADINI

NEL II ANNIVERSARIO DE LA MORTE

    Il testo della lapide fu messo allora a disposizione dello scrivente dal compianto Totò Navarra, nipote del sindaco scomparso.

Dal giornale “La Patria degli italiani” di Buenos Aires del 7 agosto 1911

    Dal n. 212 del giornale La Patria degli italiani di Buenos Aires del 7 agosto 1911: “Una bella dimostrazione di patriottismo e d'affetto. Le Onoranze al defunto Sindaco di Terranova». Come avevamo annunciato, si svolse ieri nel pomeriggio una simpatica ed affettuosa cerimonia in memoria del compianto Sindaco di Terranova di Sicilia Cav. Uff. Giacomo Navarra Bresmes. La cerimonia si svolse nella Chiesa di San Francesco Saverio in Serrano 1855, e ad essa parteciperanno più di 150 terranovesi, ai quali la lontananza dalla terra natia non ha per nulla diminuito l'affetto e l'amore per gli uomini e le cose nostre. La Chiesa dei padri missionari era riccamente addobbata a lutto, ed alle 2 pom. il Rev. Padre Aristide Russo, cominciò ad officiare, mentre salivano per le navate le prime note di un canto funebre». Dopo il discorso venne ancora cantato il Responso ed infine i terranovesi si riunirono per inviare alla vedova del defunto un telegramma di condoglianza. Gli iniziatori dell'affettuosa commemorazione, li Segnamo a titolo di lode, erano i signori: Angelo Fargetta, Avvenanti Sebastiano, De Francisci Franco e Perna Giovanni Costa. Parteciparono alla funzione i terranovesi...”, seguivano i nomi dei 150 gelesi che parteciparono a quella funzione. Dal giornale L'Unione di Tunisi anno XXVI, n. 180 del 30 giugno 1911: “Fra i terranovesi. La notizia della morte del Cav. Uff. Giacomo Navarra Bresmes, Sindaco di Terranova, ha afflitto i numerosi terranovesi qui stabiliti. Il Navarra era amato dai suoi concittadini, i quali ne apprezzavano gli alti meriti e le grandi doti di cuore e della mente, ed essi ci pregano di porgere, per mezzo nostro, le loro condoglianze alla famiglia dell'estinto”.

    Su un manifesto (con la firma di N. Di Bartolo, Filippo Rosso di S. Secondo, Salvatore Damaggio e Farm. Giuseppe Clementi), fatto affiggere dalla Giunta comunale il 24 giugno 1911, c’era scritto tra l’altro: “…Non è il caso di tessere elogi per l’illustre estinto. Voi sapete con quanto amore, con quanta abnegazione, con quanto sacrificio fece olocausto di sé al nostro Paese: la fine incontrata è la manifestazione più evidente di questi Suoi sentimenti ed è il suggello più vero di tutto un passato speso per il bene della sua amata Terranova. La salma è rimasta là dove egli morì: e questo Civico Consesso V’invita alle Solenni onoranze funebri che avranno luogo lunedì alle ore 11 nella Chiesa Madre, donde muoverà poscia il corteo.”.

Le lapidi riproposte

    Alcuni decenni fa, nella seconda metà degli anni Ottanta, su proposta dello scrivente e grazie all'interessamento del Sindaco dott. Vincenzo Tignino, furono realizzate due lapidi, una dedicata ai patrioti del Risorgimento e l’altra al Navarra Bresmes. Le stesse lapidi furono murate in alto nell'androne dell'ingresso del Municipio ai lati del portone principale, purtroppo una collocazione inadatta di cui nessuno si accorge, come se fossero state collocate e riproposte appositamente per non leggerle, così tanto per…

Nuccio Mulè





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