QUOTIDIANO
La Sicilia
DISTRETTO GELESE
Ottobre 2025
Carabinieri vittime del dovere
Dal
giornale “LA LINCE” di Palermo del 19 febbraio 1874
Beni Culturali di Gela, orfani delle istituzioni locali
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Carabinieri vittime del dovere
L’azione criminale perpetrata ai danni di
tre carabinieri avvenuta a Castel d’Azzano in
provincia di Verona due settimane fa mi ha fatto
ricordare di un giornale d’epoca che diversi
lustri fa, visitando il mercatino domenicale di
Piazza Carlo Alberto nel cuore di Catania, mi è
capitato tra le mani; si trattava di un famoso
settimanale dei tempi passati “La Tribuna
illustrata”, (anno XIII, n.5) stampato a Roma e
datato domenica 29 gennaio 1905: Allora nel
sfogliarlo con mia meraviglia mi sono accorto
della presenza di un articolo di cronaca,
corredato da un disegno, riguardante la nostra
città dal titolo “Il valore dei carabinieri” che
qui di seguito vado a raccontare.
La sera di lunedì 16 gennaio del 1905 i
carabinieri Saladini e Persesani, durante un
giro di perlustrazione nel centro della città si
accorsero della presenza di un vigilato
speciale, tale Nunzio Monachello, che a
quell’ora invece di trovarsi nella propria
abitazione circolava liberamente forse per
perpetrare qualche disegno criminoso; intimato
l’alt al pregiudicato, i due carabinieri, dopo
aver proceduto al riconoscimento, decisero di
trasferirlo nella camera di sicurezza presso la
Reale Caserma ubicata in Piano Carmine, oggi
Piazza Roma. Ma mentre il Monachello veniva
avviato a destinazione con uno scatto fulmineo
si liberò dalla presa dei due militi e,
addirittura, invece di scappare, afferrò per il
collo il carabiniere Saladini gettandolo a terra
e temepestandolo di pugni e calci. Nel mentre il
secondo carabiniere cercava di vincolare il
pregiudicato, correva in aiuto di quest’ultimo
il fratello, tale Pio Monachello, il quale
armato di un acuminato coltello si avvicinò al
Saladini minacciandolo; il carabiniere, vistosi
in pericolo, estrasse la pistola d’ordinanza e
sparò un colpo a bruciapelo che ferì gravemente
l’aggressore. Anche l’altro carabiniere
Persesani per richiamare altri militi nelle
vicinanze sparò due revolverate in aria.
Intanto nel luogo dove si stava svolgendo
la colluttazione accorse una grande folla la
quale, non sapendo il reale svolgimento dei
fatti e certamente per “istinto malvagio…”,
invece di dare manforte ai carabinieri cominciò
ad inveirvi contro tentando addirittura di
colpirli.
“…E’ doloroso vedere come, in generale,
certa gente propenda sempre a mettersi contro la
forza pubblica come se questa non compiesse
opera di protezione sociale, e per istinto,
senza conoscenza di causa, si schieri dalla
parte dei delinquenti; mentre il dovere del vero
cittadino è quello di aiutare chi protegge la
società dai cattivi elementi...".
Per i due carabinieri, oramai in balia
dei due delinquenti e della folla eccitata,
fortuna volle che di lì a poco accorse
prontamente il capitano Achille Mezzo,
comandante del presidio di Terranova, il quale
con la sciabola sguainata oltre a fare testa
agli assalitori riuscì a disperdere la folla.
Il ferito grave e i due carabinieri
contusi, questi ultimi vittime del loro dovere,
furono trasportati subito dopo all’ospedale
mentre Pio Monachello, fratello del pregiudicato
ferito, fu prontamente arrestato e tradotto
nella vicina caserma dei Reali Carabinieri di
Piano Carmine. Però! |
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DAL
GIORNALE “LA LINCE” DI PALERMO DEL 19 FEBBRAIO
1874
Succedeva nel 1874,
ma che cosa!
Leggiamo una
corrispondenza, tratta da “La Lince” di Palermo,
inviata da Gela al giornale e qui di seguito
riportata.
“Ci affrettiamo a
pubblicare quest’interessante corrispondenza che
ci è stata inviata da Terranova di Sicilia.
Siamo senza medici.
Di quei pochi che potranno arrecare qualche
assistenza all’infelice classe dei poveri non ne
rimane nessuno. I due o tre pagati dal comune
non possono apprestare la menoma assistenza uno
per l`età ottantenne, l’altro infermo, ed il
terzo per le troppe occupazioni.
Questa larva di bene
è dunque sparita! E la stagione delle malattie
già si appressa, e noi dovremo vedere delle
centinaia di famiglie che non potranno nemmeno
la visita di un medico? I ricchi non ne
mancheranno a qualunque costo, ma ì figli del
popolo che non saranno al caso di potere offrire
una buona dose d’oro, staranno in balia della
febbre che lì assale insieme alla miseria? Che
ne pensa le provvedentissima rappresentanza
comunale? Nominerà essa una commissione medica
che potrà soccorrere al bisogno la classe
depauperata dei sofferenti? Se per esser
consigliere comunale, fatigasi con tanto sudore
che non restano scarpe ai pietosi cercatori di
suffragi, ora è tempo di vederne il santissimo
fine, poterci presto disingannare del nostro
vecchio scetticismo, e trovarci smentiti dalle
tante fiabe che siamo stato così gonzi nel far
credere che: molti rappresentanti d’ogni comune
(siano destri o sinistri) conservano in un lato
della scarsella il voto, e dall’altro il
calcolo.
Eppure ci auguriamo
moltissimo. Conosciamo abbastanza il gran
favoritismo che s’ha verso il popolo, e non sarà
che una calunnia se per molti anni si sia detto:
No, il favoritismo è per pochi privilegiati e un
gran beneficio tocca al popolo, è quel rimedio,
tanto salutare, che insegnò alla Francia il
medico Guilottin.
Non vi parliamo
della fame che desola questa popolazione. Le
strade fangose come la coscienza di certi
galantuomini, presentano lo spettacolo del circo
e dell’anfiteatro, ossia figure squallide e
cenciose divorate dalla fame. Si, è la fame che
oggi s’alza dapertutto e nessuno dei gaudenti se
ne occupa, il satollo non crede al digiuno, ed
il proverbio è verissimo! I partiti si lacerano
a vicenda: essi non hanno bandiera di sorta, ma
personalità e spostamenti. La terribile arena è
il consiglio comunale.
C’è un gran segreto
per questo, e non può esser fuori dal
tornaconto!”.
Commenti e
considerazioni da fare? Ce ne sarebbero diversi,
ma lasciamoli fare ai lettori.
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BENI CULTURALI DI GELA,
ORFANI DELLE ISTITUZIONI LOCALI
Ci si chiede
spesso come sia stato possibile nei decenni
trascorsi attuare scelte politiche, seguite da
cospicui finanziamenti, indirizzate alla
industrializzazione (meglio dire
pseudo-industrializzazione) di determinate aree
del Mezzogiorno, in particolare in Calabria e
Sicilia, senza tener conto del tipo di economia,
prevalentemente agricola, e di cultura originali
che esistevano in queste regioni. Quando invece
gli stessi finanziamenti potevano essere
utilizzali per sfruttarne risorse naturali e
giacimenti culturali che senza guasti
all'ambiente e senza sovvertimenti
socio-economici, così repentini negli anni a
seguire, avrebbero dato dei ritorni economici ed
occupazionali non indifferenti ed una ricchezza
graduale e continua, ma anche culturale, alle
popolazioni.
Qui a Gela, in
particolare, l'insediamento dell'industria
petrolchimica, pur creando una rilevante
ricchezza economica, ha prodotto seri guasti
all'ambiente e ha stravolto il modello di vita
della gente con il risultato di creare una
comunità in cui sono prevalsi valori negativi ed
egoistici, in cui si e persa a volte la
dimensione umana del vivere. E tuttora continua
in peggio.
Purtroppo la
"cattedrale nel deserto" (come amava dire Don
Luigi Sturzo) del petrolchimico dell'ENI, che
tanto benessere doveva portare, ha rappresentato
terreno fertile per il seme del degrado di una
città intera, seme il cui germoglio, florido e
vivificato poi dal lezzo del petrolio, ha dato
origine ad una pianta carnivora che con le sue
fameliche foglie aculeate ha azzannalo cose e
uomini; per acqua ha avuto l'ingordigia ed è
stata tanta che subito il vegetale ha prodotto i
suoi frutti deleteri e i cui semi dopo, col
vento dell'indifferenza e della compiacente
tolleranza (soprattutto politica), si sono
sparsi nei "Campi Geloi" di virgiliana memoria,
dove hanno attecchito rigogliosamente e
continuano la malefica eredità della pianta
madre.
In questo
drammatico contesto sociale ma anche di degrado
culturale, i beni archeologici e monumentali di
Gela hanno avuto la peggio, dimenticati dalla
Soprintendenza e completamente sconosciuti dagli
amministratori comunali. Decine di aree
archeologiche da decenni aspettano ancora di
essere scavate o completate per essere
restituite alla pubblica fruizione; le
fortificazioni greche di Capo Soprano e il Museo
Archeologico, gioielli dell'archeologia
mondiale, completamente tagliati fuori dagli
itinerari turistici isolani; monumenti
abbandonati all'usura del tempo e all'insipienza
degli enti preposti alla loro salvaguardia e
l’indecente ex Porta Marina ne rappresenta
l'esempio più eclatante da ben 40 anni. In
questa indecenza è compreso pure il cantone
pericolante e transennato degli ex Granai del
Palazzo Ducale in Piazza Calvario che per ora è
così da ben 17 anni.
E la cosa peggiore
è che non si riesce minimamente a cogliere un
segno di inversione a questa vergognosa
tendenza.
Quante volte si è
detto e scritto ma gli amministratori, in
particolare, e i consiglieri comunali non
possono lasciare mano libera alla Soprintendenza
di Caltanissetta disinteressandosi completamente
dei beni culturali di Gela. D'altro canto,
l'azione meritoria di chi denuncia il degrado e
la mancata tutela dei beni culturali, sarà
sempre vanificala se non avrà l'appoggio delle
istituzioni locali e della politica.
Si continuerà così
con questo andazzo? I beni culturali di Gela
continueranno ancora ad essere orfani delle
istituzioni locali?
Sembra di sì!! Dal
momento che tuttora il museo archeologico e
quello dei due relitti delle navi greche
risultano ancora chiusi alla pubblica fruizione.
In questo contesto
per scelta personale, al di là di allegare una
foto, non si vuole scrivere dell’archeologia
militare di Gela per evitare di uscire fuori
dalla decenza del vocabolario. |