QUOTIDIANO
La Sicilia
DISTRETTO GELESE
Settembre 2025
ARGOMENTI
IL CARICATORE DI GELA
IL
CAPPUCCINO FANTASMAGORICO
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IL CARICATORE DI
GELA
In c.da Caricatore a
Gela esisteva uno scalo marittimo, il Regio
Caricatore o Caricatoio, per imbarcare sulle
navi merci (in particolare grano e cereali) da
trasferire in altri scali oltre allo scarico di
merci che erano qui importate.
In epoca antica,
oltre al nostro, c'erano regi caricatori a
Licata, a Sciacca, ad Agrigento, ecc.
Quello di
Heraclea-Terranova dava lavoro a molta gente con
uffici regolarmente costituiti, tutti
controllati da un “…Governatore che aveva alle
sue dipendenze Ufficiali, Contabili, un Mastro
Notaro, Paliatori, Crivellatori, Vigilatori,
Cordai, ecc.”.
Il caricatore di
Terranova fu costituito, come ci fa sapere il
cultore di patrie memorie Damaggio Navarra in
una sua pubblicazione, il 26 novembre del 1279
con regolare decreto e fu funzionante per quasi
sei secoli fino al giugno del 1819 allorquando i
Regi Caricatori della Sicilia furono tutti
aboliti dal governo borbonico. Il caricatore di
Gela, chiamato anche “Licea”, era situato ad
ovest della città, proprio sotto la collina
dell’attuale contrada Scavone, più o meno
all’altezza dell’attuale Club Vela.
Lo stabile che ci
mostra la cartolina di primo Novecento, qui
allegata, in realtà non è riferito al Caricatore
vero e proprio di Heraclea-Terranova ma ad un
suo rifacimento, da parte di privati, quindi uno
stabile definito come un “regio edifizio” nel
medesimo punto e luogo.
Scomparso ìl
Caricatore, dopo il suo diroccamento in epoca
tardo medievale, rimase solo il luogo che prese
il nome di contrada Caricatore, denominazione
tramandatasi di generazione in generazione.
L'osservazione di
diverse cartoline d'epoca, che raffigurano il
caricatore di Terranova, ci fa viaggiare con la
mente molto indietro nel tempo e precisamente ci
fa arrivare al periodo classico di Gela, al
tempo in cui esisteva il tiranno Gelone.
Il motivo di tale
trasposizione temporale lo spieghiamo subito;
molte persone, interessate alla storia di Gela,
hanno ritenuto da sempre che qui esisteva
anticamente un porto, alcune di esse
addirittura, si dice, ne hanno visto persino i
ruderi trasparire in alcuni punti dal fondo
sabbioso del nostro mare in determinate
giornate, quando cioè l'acqua era
particolarmente limpida; però, mai nessuno di
essi ha portato una qualsiasi prova.
Certamente se
l'esistenza di un porto antico corrispondesse a
verità sarebbe una cosa molto importante per
l’Archeologia di Gela e il suo recupero,
pertanto, rivestirebbe un’importanza notevole,
sicuramente maggiore di quella delle stesse
mura di fortificazione di Capo Soprano, mura
purtroppo oggi in uno stato deprecabile tant’è
che si aspetta un declamato finanziamento per
eliminare pericoli di crolli; che poi si usi la
sua area come spazio per discoteca, come è
avvenuto di recente, lascia esterrefatti.
In genere si parla
di porto antico durante il governo di Gelone, ma
che c'entra il tiranno Gelone con l'esistenza o
meno del porto?
La storia ci dice
che Gelone verso il 485 a.C. si trasferì da
Gela, sua città natale, a Siracusa. E poichè da
tempo il nostro tiranno si prefiggeva di
cacciare i barbari cartaginesi dall'Isola, la
città aretusea era logisticamente adeguata per
tale suo scopo, infatti in essa si trovava una
potente flotta navale e un buon porto che
l'ospitava. Pertanto, l'unico motivo di tale
trasferimento non poteva essere altro che
quello legato al fatto che Gela non offriva nè
l'una (la flotta) nè l'altro (il porto), di
conseguenza la conquista di Siracusa da parte
del tiranno geloo che avrebbe dovuto portare
più prosperità e grandezza a Gela, si trasformò
in una sua causa di decadenza.
All'enigma
sull'esistenza di un antico porto greco sul
litorale di Gela se ne affianca un altro, quello
del teatro greco, ma questa è un’altra storia.
IL CORPO DEI VV.UU. E DELLE GUARDIE CAMPESTRI
Non si sa con precisione a quale epoca risalga
nella nostra città la costituzione del
Corpo dei VV.UU. o Guardie Municipali
(denominate in vernacolo “puntineri”
per il fatto che di norma una volta vestivano
una divisa color nero). Probabilmente la loro
comparsa, anche se con diverse denominazioni e
funzioni, risale alla stessa formazione dei
Comuni che, come si sa, nell’Europa occidentale
avvenne intorno all’anno Mille. Comunque,
dall’esame di diverse documentazioni esistenti
nell’Archivio Storico del nostro Comune, in
particolare su alcuni registri decurionali, si
può oggi affermare che a Gela la prima
costituzione di un nucleo della “Guardia
Muncipale”, era questa la denominazione
originaria, avvenne nel 1820; allora tale nucleo
era costituito da sei guardie ed un comandante.
L’organico rimase numericamente identico fino al
27 giugno del 1860, quando fu portato a dodici
unità, su deliberazione del Consiglio Civico in
subordine ad un decreto dittatoriale di
Garibaldi del 17 di maggio dello stesso anno.
Dunque,
dodici unità in tutto (per una città che contava
allora circa 12 mila abitanti) di cui un
Comandante Giuseppe Calandra, un vice Francesco
Jacona e dieci guardie a cavallo e campestri. Il
servizio delle Guardie Campestri fu soppresso in
tutto il territorio nazionale il 1° gennaio del
1937.
Le Guardie Municipali di allora erano impiegate nei servizi di “polizia urbana, edilizia, polizia igienica e polizia
dei bagni a mare”.
Il comandante dipendeva direttamente dagli
ordini del Regio Delegato di Sicurezza Pubblica,
però, negli anni a seguire tutto il Corpo dipese
dalla Giunta Municipale.
Il primo regolamento di Polizia Urbana redatto dal Comune
con
l’approvazione della Deputazione Provinciale,
entrò in vigore il 20 maggio del 1869 ed era
costituito da cinque Titoli e 63 Articoli. Al tempo dell’illuminazione della città con fanali a petrolio (che durò nelle vie e piazze principali fino al 1908 anno in cui qui entrò in esercizio il primo generatore di corrente elettrica continua per l’illuminazione pubblica della città), il regolamento degli Agenti Municipali prevedeva tra ’altro che anche nelle ore notturne vi fossero in servizio delle guardie, sia per controllare l’accensione dei fanali all’ora prestabilita (e, per tutta la durata della notte, il loro stato di funzionamento), sia per scoraggiare il getto di acque luride e immondizia fuori le case e per la sorveglianza delle fontanine e degli alberi.
L’armamento delle guardie municipali era
costituito da una sciabola e da una
rivoltella, mentre quelle campestri aggiungevano
pure un moschetto. La spesa della divisa e
dell’armamento era per metà a carico della
guardia stessa e per l’altra metà a
carico del Comune.
Verso la fine dello scorso secolo il titolo di
Comandante delle guardie municipali fu
sostituito da quello di Ispettore che era
nominato ogni tre anni direttamente dal
Consiglio comunale ed era alle dipendenze del
Sindaco o dell’assessore delegato. Negli anni
Trenta, però, sia il Comandante, sia anche
il suo vice e tutte le guardie, furono nominati
in seguito a pubblico concorso per titoli ed
esami; l’esame consisteva in una prova scritta
(in cui oltre al tema di italiano bisognava
redigere un verbale di contravvenzione) e in una
orale sulla base dei programmi della terza
elementare oltre che sulle leggi di P.S. e vari
regolamenti comunali sui servizi; la commissione
giudicatrice era costituita dal Podestà, da un
Direttore didattico e dal Segretario Capo del
Comune.
Nel corso dei decenni la nostra amministrazione comunale ha prodotto diversi regolamenti per ordinare il Corpo delle Guardie Municipali che diverse volte fu sciolto e ricostituito; il primo risale al 20 marzo del 1877 mentre gli altri furono realizzati nel 1893, nel 1911, nel 1937 e l’ultimo, a cui tuttora che si sappia si fa riferimento anche se già non risponde più appieno ai requisiti di questi ultimi tempi, il 1° luglio del 1985. Il Santo Patrono dei vigili urbani è San Sebastiano e la sua festa ricorre ogni 20 di gennaio. Il Corpo delle Guardie Municipali ricorda questo anniversario sempre con simpatiche cerimonie a cui partecipano le loro famiglie e le autorità
civili, religiose e militari.
Diamo infine uno sguardo a due illustrazioni
riferite alle divise del 1888 dei Vigili Urbani
e delle Guardie Campestri.
Due acquerelli del 1899 (di dimensioni 15 x 24
cm. ciascuno, acquistati diversi decenni fa in
un mercatino delle pulci al Largo Giovanni
Paisiello a Catania e, debitamente incorniciate)
nel gennaio del 1994 furono donate dallo
scrivente al Corpo dei VV.UU. tramite il S. Ten.
Giuseppe Trovato, Comandante f.f. del Comando
VV.UU. del Comune di Gela, in occasione del 174°
anniversario della nascita del Corpo delle
Guardie Municipali di Gela; le due stampe
riproducono i cosiddeti “figurini”, ovvero le
divise, delle Guardie Municipali e di quelle
Campestri di Terranova di Sicilia con la sola
descrizione delle prime che si riporta qui di
seguito. Corre l'obbligo di riferire che tale
descrizione ci è stata fornita a suo tempo da
uno zio dello scrivente, Luca Pane di
professione antiquario, tramite un carteggio.
Le due illustrazioni incorniciate, affisse nella
sede del Comando, contengono una targhetta con
la scritta “DONO DEL PROF. NUCCIO MULE’ AL CORPO
DELLE GUARDIE MUNICIPALI GELA 1994”.
Illustrazione del figurino per le guardie
municipali urbane
di Terranova di Sicilia “GUARDIE: Giubba di panno
nero a due petti orlata di panno bianco, bavero
manopole dritte anche orlate di panno bianco.
Trecce e, spallette di cotone bianco con puntali
di me-tallo. Pantalone di panno nero con banda
di panno bianco di cent. 3 di larghezza. Keppy
di panno nero con fondo di pelle e filetti
verticali bianchi. Sul davanti lo stemma
municipale in metallo bianco. Pennacchio bianco
a calice. Berretto di panno nero filettato con
panno bianco e lo stemma municipale sormontato
da corona ducale. Sciabola con impugnatura e
puntale di ottone e fodero di cuoio nero". “CAPORALE: Vestiario simile
a quello delle guardie, differisce solamente: a) Nelle trecce e spallette
che sono d'argento, filetti serpeggianti nel
keppy e nel berretto: fregio al bavero e fiore
semplice alle maniche. b) Nella giubba le tinte
tasche sono rettangolari e non oblique come le
guardie".
Nei tempi passati le divise delle nostre guardie
municipali venivano realizzate dalla ditta
palermitana “Figlie
di Sigismondo Acierno” per forniture
militari.
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IL CAPPUCCINO FANTASMAGORICO
Entriamo in una bar
di Gela, nel cuore del centro storico murato,
prospiciente il Corso, ci sediamo al tavolo e,
alla richiesta della signorina
che si occupa del servizio ai clienti,
ordiniamo un cappuccino, però, quello denominato
“fantasmagorico”. …E che sarà mai. Prova! Almeno
così ci hanno detto alcuni amici.
I baristi Mario La
Mastra e Giambattista Failla, proprietari del
barl, chiedono ai clienti quale “motivo” deve
avere il cappuccino richiesto. Non si riesce a
comprendere bene, però, dopo la relativa
spiegazione degli stessi, si fa mente locale in
quale giorno del mese ci troviamo per cui,
essendo in periodo estivo, chiediamo un
cappuccino …balneare, lasciando ai baristi il
compito di assolvere a questa nostra curiosa
richiesta.
Così, guardando
distrattamente i suddetti baristi notiamo gli
stessi intenti davanti la macchina del caffè a
cominciare a versare del latte dalla bottiglia
di plastica direttamente su una tazza su cui
procedono dopo a riscaldare e poi a versarvi il
caffè che esce da un beccuccio della stessa
macchina; però, invece di servire il cappuccino
che sembra pronto, procedono a ruotare la stessa
tazza e a mettere qualcosa da un contenitore
apposito sulla superficie del latte. Insomma si
sta eseguendo un’operazione che sicuramente darà
la “svolta” a farci avere
un cappuccino “fantasmagorico”; si spera in una
varietà di immagini e colori che dovranno
colpire sensi e fantasia, appunto quelli nostri.
Così passa qualche
minuto e si presenta la signorina con il
piattino e la tazza del cappuccino;
distrattamente prendiamo due bustine di zucchero
per aprirle e versare il contenuto nella tazza,
ma ci fermiamo di botto perché quello su cui
dovremmo versare lo zucchero non è un cappuccino
normale ma appunto è “fantasmagorico”, infatti
sulla superficie del latte ci appare l’immagine
di una spiaggia col mare e pure con uno
stabilimento balneare… Siamo tentennanti nel
versare lo zucchero e rimescolare col
cucchiaino, controllati a vista da uno dei
baristi che ha un’espressione sorridente e
compiaciuta. Dopo aver mescolato il cappuccino col cucchiaino per far sciogliere lo zucchero e sorseggiato il contenuto della tazza siamo andati dai barista Mario il quale ci ha fornito alcune indicazioni sul cappuccino fantasmagorico; nel mentre ci siamo accorti di un pannello sopra la macchina del caffè che mai aveva attirato la nostra attenzione. Un pannello con molte foto di tazze di cappuccini fantasmagorici con le più disparate immagini di scritte e paesaggi; pannello che abbiamo fotografato assieme ai baristi e la signorina di cui, con le nostre scuse, abbiamo dimenticato di chiederne il nome.
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