QUOTIDIANO "LA SICILIA"

INSERTO "DISTRETTO GELESE"

Dicembre 2020


LA CONCHIGLIA, UN RUDERE DI CEMENTO ARMATO PIENO DI RICORDI

    Non abbiamo notizie certe sul periodo di nascita delle strutture balneari a Gela, però, su un manifesto pubblicitario del 1889, che si trova presso l’Archivio Storico del nostro Comune, già ne comincia a comparire la rèclame: “Grande Stabilimento Balneare Gela in Terranova Sicula” dei F.lli Marletta Cellura; nei decenni a seguire, a partire dal 1900, compaiono il “Lido Gela”, “Lido Elios”, il “Lido Mondarino” e il “Lido Royal”, chiamati impropriamente “lidi di tavola” o “chalet” balneari che fino alla fine degli anni Cinquanta si impiantavano ad ogni stagione estiva sulla battigia della spiaggia. E più recentemente “Lido Eden”, “Samparisi”, “Sorriso” (a Falconara Sicula), “Lido Turistico”, “Macchitella”, “Roccazzelle”, “Manfria”. Poi da quando furono realizzati il tratto che va dal porto rifugio al quartiere Macchitella e il nuovo progetto del lungomare nacquero altri stabilimenti balneari.

I lidi di tavola

I “lidi di tavola”, costruzioni prodotte tutte in legname, erano realizzati da diversi privati ad ogni inizio di stagione balneare e smontati successivamente al termine di essa. Gli stabilimenti balneari erano solitamente strutturati su uno stesso modello: un corpo quadrangolare, disposto in buona parte in mezzo all’acqua, e due bracci laterali sui quali erano ubicati i filari delle cabine. Dalla strada e fino allo stabilimento si snodava una passerella in legno con ringhiera, sopraelevata di qualche metro sulla sabbia, che faceva accedere al lido. Il corpo centrale dello stabilimento a sua volta era diviso in due sezioni: una più piccola, prospiciente l’ingresso, adibita ai servizi balneari e a bar, e l’altra ben più grande, posteriormente alla prima, adibita a sala multiuso per trattenimenti danzanti, spettacoli, ristorante, ricorrenze divario tipo, ma anche matrimoni e feste. Ad ogni lido erano di pertinenza dei filari di casotti sulla sabbia antistante alla battigia, mentre dietro di essi vi erano quelli di proprietà privata dei cittadini anch’essi montati e smontati sistematicamente a inizio e a fine stagione balneare.

Mussolini al Lido Gela

Un avvenimento di una settantina di anni fa, precisamente sabato 14 agosto del 1937, che viene sempre ricordato, immortalato peraltro da un cine-giornale dell’Istituto Luce, è quello del ballo di Benito Mussolini al “Lido Gela”, con una signora aristocratica gelese, Cesarina Morso, e con la moglie del prefetto di Caltanissetta, al suono di un’orchestrina che intonava il motivetto “Vivere senza malinconia".

La nascita della Conchiglia

L’ultimo stabilimento balneare in legno costruito sulla spiaggia, in prospicienza del centro storico murato, fu il “Lido Gela” nell’estate del 1957. L’anno successivo sullo stesso posto nacque il Lido “La Conchiglia”, un complesso balneare in cemento armato con un corpo principale a forma di valva di mollusco e dei bracci laterali che ospitavano le cabine; il tutto edificato su palafitte in mezzo al mare. Il progetto risalente al 1954, allora considerato molto ardito e raro nel suo genere, fu realizzato dai fratelli Ventura con la spesa di 160 milioni di vecchie lire su disegno del geometra Filippo Trobia e degli Ingg. Salvatore Trobia e Vittorio Dalla Noce. L’inaugurazione avvenne il 24 giugno del 1958.Cantanti, spettacoli e cultura Il Lido “La Conchiglia” oltre a rappresentare subito il centro dell’attività balneare di Gela e dintorni fu anche il locale più frequentato e più conosciuto dai forestieri in tutta l’Isola, anche perché con una certa frequenza ospitava serate canore con cantanti e presentatori più in voga in Italia in quei momenti come Mike Bongiorno, Corrado, Enzo Tortora, Alberto Lupo, Peppino di Capri, Rita Pavone, Teddy Reno, Edoardo Vianello, Wilma Goich, Claudio Villa, Gianni Morandi, Lucio Dalla, Albano, Little Tony, Milva, Massimo Ranieri, Renato Carosone, Gegè Di Giacomo, Pooh, Nomadi, Claudio Lippi, Arturo Testa, Adamo, Nilla Pizzi, Aurelio Fierro, Luciano Tajoli, Emilio Pericoli, Mago Zurlì, Eloisia Cianni (Miss Italia 1958), ecc.; anche Domenico Modugno, reduce dal successo del festival di San Remo del 1958 con la canzone “Nel blu dipinto di blu”», venne a cantare al Lido “La Conchiglia”. Ed ancora, Quartetto Cetra, Peppino di Capri, Andrea Giordana, Massimo Ranieri, Tony Cucchiara, Carletto Delle Piane e anche il presentatore-principe Pippo Baudo; la Conchiglia oltre a diverse mostre, sfilate di moda e spettacoli anche di lotta libera, fu sede di convegni di studio di uomini politici di primo piano come Saragat, Nenni, Medici, Mattei, Scelba, Piersanti Mattarella, ecc.; ospitò anche re Gustavo di Svezia che a Gela era solito venire ogni anno in estate.  E non solo cantanti, attori, big della musica leggera e presentatori di fama anche serate culturali come la manifestazione “II Sileno d'oro”, organizzato in onore di ospiti d'eccezione; il poeta Salvatore Quasimodo, premio Nobel 1959 per la Letteratura, e il docente universitario di Scienze delle finanze e Diritto finanziario Emanuele Morselli, nativo di Gela; oltre ai suddetti furono anche ospitati Renato Guttuso, l'editore Mursia ed altre personalità eccezionali.

La decadenza

A metà degli anni Sessanta, però, cominciò a funzionare a pieno ritmo lo stabilimento petrolchimico dell’Anic e, pertanto, la spiaggia ed il mare di Gela subirono i contraccolpi dell’inquinamento divenendo praticamente poco fruibili e di conseguenza abbandonati. La stessa spiaggia, a completamento del quadro di degrado, cominciò pure a ridursi al punto tale che fu necessario la posa di frangiflutti per arginare l’avanzata del mare che già era arrivato fino a margine della strada del lungomare. In questo contesto Il Lido “La Conchiglia” venne lentamente abbandonato dai frequentatori, così che, col passare delle stagioni, andò sempre più decadendo fino a diventare solo un locale per trattenimenti di matrimonio. Successivamente il locale diventò sempre più decrepito fino a quando i proprietari l’abbandonarono completamente. Preda di occasionali visitatori e di vandali, il locale fu spogliato degli arredi e persino degli infissi.

La fine

Nel giugno del 2007 accadde quel che nessun profano mai avrebbe potuto immaginare, e cioè il collasso dell’ultima parte del braccio ovest; infatti, i pali che la sostenevano, corrosi dall’usura del tempo, non ressero più e così si accartocciarono fragorosamente su se stessi. Alla notizia clamorosa del rovinoso crollo, riportato addirittura dai mass media in campo nazionale, seguì una passerella di affermazioni di diverse persone che per intonarsi all’accaduto si lasciarono andare a diverse elucubrazioni mentali oltre a stracciarsi le vesti e a darsi “pugni nel petto” recitando un improbabile mea culpa. Troppo tardi per i rimpianti. Qualche mese dopo, per motivi di sicurezza, fu diroccato anche il braccio est riducendo così quel che era il Lido “La Conchiglia” di una volta ad un solo corpo centrale che recentemente è stato transennato perché pericolante, in attesa anche questo o di collassare su ste stesso o di essere demolito. Molto discutibile è stata poi la proposta di vendita del rudere da parte della Regione Non si è voluto mai riconoscere che lo stabilimento balneare “La Conchiglia” era diventata nell’immaginario collettivo, non solo dei gelesi, un simbolo oltre che un esempio di archeologia balneare e quindi di conseguenza un vero e proprio bene culturale da salvaguardare. Oggi cosa resta del Lido “La Conchiglia” se non un relitto di cemento armato pieno di ricordi del tempo che fu, “…dov’è silenzio e tenebre la gloria che passò”, che riposa nel suo sarcofago di sabbia all’aperto, aspettando che l’usura del tempo ne cancelli anche le tracce II Lido “La Conchiglia”, una favola iniziata bene e finita male. Nuccio Mulè

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IN RICORDO DI IGNAZIO NIGRELLI

 

    Vent’anni fa mancava alla vita l’amico prof. Ignazio Nigrelli; era nato a Leonforte nel 1926 e dal 1940 al 1946 era vissuto a Gela dove aveva conseguito la licenza liceale. La sua dipartita ha lasciato sicuramente una traccia profonda in quanti lo conobbero come studioso e cultore di patrie memorie.

    Ponderosa è stata la sua produzione nel campo della storia locale e sui beni culturali e ambientali e rammentarla sarebbe argomento più da opuscolo che da articolo di giornale; i suoi studi e le sue ricerche non si sono fermati ai canoni usuali della microstoria ma si sono sempre inseriti in una prospettiva storiografica di più ampio respiro; inoltre, si è interessato degli aspetti ambientali che ha inserito sempre nel contesto storico trattato. Importantissima è stata una delle sue ultime pubblicazioni, realizzata in concorso con Liliane Dufour (studiosa di storia urbana della Facoltà di Architettura di Parigi), su Gela, dal titolo “Terranova, il destino della città federiciana”, una pietra miliare per conoscere la storia medievale e moderna di Gela.

    Il prof. Nigrelli, già Presidente Regionale di Italia Nostra e assistente alla cattedra di Storia Medievale e Moderna dell’Università di Catania, collaborò a riviste italiane e straniere, tra cui: Italyan Filolojisi di Ankara, Civiltà mediterranea di Palermo, Lunarionuovo di Catania, Sicilia illustrata di Catania, KalòsArte in Sicilia di Palermo, Archivio Storico per la Sicilia Orientale di Catania.

    Copioso è stato il numero di saggi, su riviste specializzate e in atti di convegni di studio, e di articoli pubblicati in quotidiani, come L’Ora, Gela Nostra, Movimento Operaio, Italia Nostra, Civiltà mediterranea, Sicilia Illustrata, Kalòs, ecc.; tra essi si ricorda: La fondazione federiciana di Terranova ed Augusta nella storia medievale della Sicilia,, in SICULORUM GYMNASIUM, n.s., a. VI n. 2, luglio-dicembre 1953, articolo citato e utilizzato da molti autori; numerosi sono stati anche i volumi pubblicati sempre scritti con cura e ricchi di dati storiografici.

    Notevole inoltre è stato il suo contributo nel sociale; infatti, oltre ad essere stato dal 1977 presidente della sezione di Piazza Armerina di Italia Nostra, dal 1995 vicepresidente del Comitato Tecnico Scientifico dell’Ente Parco per la Provincia di Enna, dal 1994 al 1995 membro del Comitato Stato-Regione e Enti Locali-Ambientalisti per l’esame del Piano di risanamento ambientale di Gela, è stato anche promotore di convegni di studi e di attività di promozione culturale come, ad esempio, “L'età di Federico II nella Sicilia Centro-Meridionale: città, monumenti, reperti: atti delle Giornate di studio: Gela 8-9 Dicembre 1990”, di cui fu prodotta nel 1991 una pubblicazione a cura di Salvina Fiorilla e Salvatore Scuto.

    Al momento della scomparsa, Ignazio Nigrelli stava lavorando sulla storia di Niscemi, lavoro commissionatagli dalla rivista “Kalòs, arte in Sicilia” e al saggio “Ambiente, popolamento e territorio della Sicilia centro meridionale dal XII al XV secolo” che avrebbe dovuto presentare come relatore nel convegno "L'urbanistica delle città medievali italiane. L'Italia meridionale e insulare secoli XIIXV", organizzato dal prof. Enrico Guidoni a Palermo.

    Il prof. Ignazio Nigrelli, di cui mi pregio di essergli stato amico, è scomparso dalla scena del mondo il 10 luglio del 2000, lasciando agli amici l’esempio prezioso delle sue rare virtù ed il retaggio di una onorata carriera di studioso di patrie memorie oltre che di docente di Lettere nella scuola.

Nuccio Mulè

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LA CARTOLINQA DI OGGI

L’ARMONIUM DELLA VILLA COMUNALE

 

    La cartolina di oggi, con una pregiata immagine a colori pastellati, ci fa vedere l’armonium, un grande palco di forma circolare, largo, alto e con caratteristica ed artistica copertura a cupola, che troneggiava nella nostra villa comunale; non si sa con precisione quando fu costruito, probabilmente si trattava di una struttura realizzata verso la seconda metà dell’Ottocento dal momento che la villa, trasformazione dell’orto dei pp. Cappuccini, fu realizzata nel 1870. Il palco serviva ad ospitare la banda musicale che quasi con cadenza settimanale eseguiva dei concerti a cui assistevano sempre una notevole moltitudine di persone. Nel corso dei decenni numerosi e di notevole talento furono i direttori e i musicanti della nostra banda, in particolare, in pieno periodo fascista, quando nella nostra città nacque ad opera di don Pippineddu (Giuseppe) Navarra una scuola di musica divenuta poi Liceo musicale.

   Verso gli anni Venti dal palco prima fu eliminata la copertura poi, verso l’inizio degli anni Cinquanta lo stesso armonium fu completamente smantellato è ridotto a rottame: non si è mai saputo il perché e nemmeno poi dove siano andati a finire i resti. Stessa sorte purtroppo ebbero diverse altre opere come gli orologi con relative campane della chiesa di San Rocco, del vecchio Municipio e del Convitto Pignatelli.  

    Gli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta purtroppo hanno rappresentato per i nostri beni culturali un’epoca disastrosa. All’insegna del “rinnovamento” della città, infatti, furono eliminati molti beni culturali tra essi antichi palazzi come l’albergo Trinacria in piazza Umberto I, il cinquecentesco palazzo Morso nella via omonima, mezzo palazzo Drogo-Di Bona, quello del conte Panebianco sul Corso, ecc.; ed ancora basolati di strade, di piazze e di vicoli ma anche monumenti antichi di grande valore come la “turrazza” trecentesca di via Verga (torre di epoca federiciana delle mura di cinta), Porta Marina del 1500, la chiesa di Sant’ Antonio Abbate e il convento dei PP. Conventuali ambedue del 1400, le chiese di Santa Lucia e di San Giacomo quest’ultima con portale trecentesco, ecc. Il tutto, col beneplacito e la beata ignoranza degli amministratori comunali, provinciali e regionali, soprintendenze comprese, però, queste ultime all’insegna dell’indolenza. Così l’armonium della villa comunale, a differenza di molte ville di altre città, dall’inizio degli anni Cinquanta non esiste più, nè mai si è pensato di riproporlo.

Nuccio Mulè

 

 

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