Pontile sbarcatoio

Il pontile sbarcatoio

 

 

6 gennaio 2021

Dopo il crollo, che dobbiamo fare del Pontile sbarcatoio?

 

 

 

     Mi immagino una folla di imprenditori interessati all’annuncio della Regione siciliana di qualche anno fa per vendere l’ex stabilimento balneare “La Conchiglia” e il Pontile sbarcatoio; alla Regione, chi li ha messi in vendita sicuramente non conosceva lo stato di fatiscenza in cui versavano tali strutture e probabilmente per farlo si sarà riferito a qualche vecchia foto di almeno cinquant’anni fa. Infatti, nessuno di questi immaginari imprenditori si fece vivo per aderire a tale boiata di vendita. In realtà non è la prima volta che tale Ente si è occupato del Pontile in particolare. Si ricordi nel 2013 il Governatore siculo nostrano, in una apposita manifestazione fatta sopra il pontile, cercò di convincere il volgo promettendo di realizzare uno scalo da cui facessero rotta degli aliscafi diretti a Lampedusa, Malta e Tunisi. Più di uno ci credette. Anche se si sapeva che si stava avendo a che fare con una bufalata, dal momento che chi di dovere l’aveva prima chiuso per pericolo di crolli e poi ne aveva limitato l’agibilità a “ad un massimo di n.210 persone contemporaneamente” come recitava un cartello apposto prima della passerella tra il nuovo e il vecchio pontile.

    E’ stata una notizia pietosa, anche se da tempo annunciata, quella del crollo di una decina di metri della parte centrale del pontile e non sarà la sola; quanto prima, in relazione a tanti pilastri ammalorati con le barre di ferro già arrugginite e corrose, ce ne saranno altre ancora. Per la fruizione del pontile più di vent’anni fa si cercò di porre rimedio con la costruzione di un nuovo molo che doveva sostituirlo, ma tale nuova struttura arrivò appena alla metà dei 300 m. di lunghezza del pontile originario; della relativa continuazione poi non si seppe più nulla.

    Il progetto del pontile sbarcatoio, la cui messa in opera fu richiesta in continuazione per diversi decenni dai nostri progenitori terranovesi ottocenteschi, fu realizzato nel 1909 dall’Ufficio del Genio Civile di Caltanissetta ed attuato, con un finanziamento della Commissione Reale di 75.000 lire, dalla Società romana dell’Ing. Francesco Saverio Rossi & C. che stipulò il contratto di appalto con il Comune il 14 dicembre del 1911. Il pontile fu terminato nel 1915.   

    La marineria gelese di un secolo fa, che comprendeva più di 200 navi di grosso tonnellaggio tra bastimenti e velieri da commercio e da pesca, ebbe un notevole vantaggio per il carico e lo scarico delle merci, prima effettuati direttamente, spesso con molto disagio, sulla spiaggia. L’ulteriore incremento del traffico e l’attracco di navi con alto pescaggio dopo qualche anno, però, resero necessario il suo prolungamento di altri 150 metri. Le lungaggini burocratiche, la difficoltà di finanziamenti dell’opera e le fasi storiche che attraversava l’Italia in quel periodo ritardarono tale prolungamento di circa vent’anni. Infatti, sempre su progetto dell’Ufficio del Genio Civile, redatto il 21 maggio del 1930, i lavori di prolungamento furono assegnati, con un finanziamento di 1.200.000 lire, alla Società Italiana Costruzioni e Lavori Pubblici di Gela. Il pontile sbarcatoio fu portato all’attuale lunghezza nel 1935.

    Prima dello sbarco americano sulla spiaggia di Gela, avvenuto la notte tra il 9 e il 10 luglio del 1943, il comando militare dell’esercito italiano di stanza a Gela fece saltare in aria con una carica esplosiva la parte centrale del pontile per ritardare lo sbarco delle truppe alleate le quali, peraltro, grazie ai loro mezzi non ebbero nessun impedimento da tale inutile demolizione.

    Negli ultimi decenni nessuna delle istituzioni competenti ha compreso che il pontile sbarcatoio, già allora fatiscente, era da considerare un esempio di archeologia marinara, retaggio di civiltà, economia e cultura di Gela, e che quindi doveva essere salvaguardato. Ma per le istituzioni, nissena o regionale che sia, negli anni passati e forse anche ora, i reperti archeologici erano solamente quelli delle epoche protostoriche, greche e romane; per tutti gli altri reperti si lasciava il tempo che si trovava e se non c’era non sarebbe accaduto nulla. Ci riferiamo in particolare ai reperti di epoca medievale (la ceramica in primo piano e poi Porta Marina, le rimanenti mura di cinta con relativi torri e bastioni, il Castrum federiciano di Piazza Calvario, ecc.) ma anche a quelli della Seconda Guerra Mondiale, questi ultimi abbandonati e ridottisi oggi di numero a meno della metà, mai attenzionati e forse nemmeno censiti dalla Soprintendenza.

    Sorge adesso una domanda: come sarà gestita dalle istituzioni questa brutta storia e che ne sarà del vecchio pontile sbarcatoio. Non ci vuole la sfera di cristallo per predire la risposta: niente!! Si continuerà ad aspettare che il tempo faccia il suo corso. Nel solito standard della totale strafottenza, utilizzato da decenni dalle istituzioni.

 

Gela 12 ottobre 2010

Alla cortese attenzione dei massmedia

Ancora un altro bene culturale di Gela viene demolito, oggi è la volta della casamatta  del vecchio pontile sbarcatoio, casamatta in cui era ubicato il sistema di pesatura a bilico che fino agli anni Sessanta era utilizzato per la pesatura di diversi prodotti, trasportati su carretti e camion, in entrata e in uscita dal pontile sbarcatoio, prodotti come balle di cotone, carrube, fave, “scupazzu”, ecc. che venivano imbarcati e sbarcati da navi di piccolo cabotaggio che attraccavano sulla sua piazzetta. La committenza della demolizione è la Direzione Marittima della Capitaneria di Porto di Palermo a cui lo scrivente ha inviato un telegramma per il blocco immediato dei lavori. Purtroppo anche questo bene culturale, unico esempio a Gela di archeologia industriale marinara, va in rovina, così come vanno in rovina lo stesso pontile sbarcatoio e la vecchia dogana senza che le istituzioni competenti muovano un dito per impedirlo. La vecchia dogana, edificio fatiscente risalente ai primi anni del Novecento, sede tempo fa dell’Ufficio Circondariale Marittimo e nel 1943 del comando americano per la gestione viveri, negli anni Cinquanta fu scelta come punto di riferimento della Rete Italiana di Inquadramento Altimetrico e come  caposaldo di livellazione dell’Istituto Geografico Militare; una targhetta in ferro, sul muro a lato dell’ingresso principale, ne attesta ancora la collocazione.

Si spera che il telegramma dell’archeoclub serva ad impedire la demolizione o almeno di recuperare il sistema di pesatura costituito dal bilico e dalla relativa strumentazione.

Testo del telegramma:

DIREZIONE MARITTIMA CAPITANERIA DI PORTO DI PALERMO

E PER CONOSCENZA

GENIO CIVILE REGIONALE CALTANISSETTA

PROCURA REPUBBLICA PRESSO TRIBUNALE DI GELA

ASSESSORATO REGIONALE BENI CULTURALI E IDENTITA’ SICILIANA PALERMO

SINDACO COMUNE DI GELA

STAMPA

INVITASI S.V. AT URGENTE BLOCCO LAVORI DEMOLIZIONE IN ATTO FABBRICATO PIANOTERRA CON SISTEMA DI PESATURA A BILICO, BENE CULTURALE ESEMPIO UNICO A GELA DI ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE MARINARA, UBICATO IN PIAZZETTA ANTISTANTE VECCHIO PONTILE SBARCATOIO A GELA

FIRMATO

PROF. NUCCIO MULE’

 

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