LA BANDIERA ITALIANA

Nome: Tricolore
Professione: bandiera nazionale italiana
Data di nascita: 14 novembre 1794
Luogo di nascita: Bologna
Il Senato di Bologna, con un documento datato 18 ottobre 1796, delibera:
"Bandiera coi colori Nazionali - Richiesto quali siano i colori Nazionali per
formarne una bandiera, si è risposto il Verde il Bianco ed il Rosso."
Esperienze: 1797: impiegato presso il Parlamento della Repubblica Cispadana.
1797-1814: adottato dal Regno Italico.
1831: emblema della Giovine Italia di Giuseppe Mazzini.
1834: adottato dalle truppe che tentarono di invadere la Savoia.
1848, marzo: durante le Cinque Giornate di Milano il re di Sardegna Carlo
Alberto assicura al Governo provvisorio lombardo che le sue truppe, pronte a
venire in aiuto per la prima guerra d'indipendenza, avrebbero marciato sotto le
insegne del Tricolore.
1848: adottato dalle milizie borboniche e papali inviate in soccorso dei
Lombardi, da Venezia e dal Governo insurrezionale della Sicilia.
12 febbraio 1849: adottato dalla Repubblica Romana.
14 marzo 1861: proclamato il Regno d'Italia. La bandiera continua ad essere, per
consuetudine il Tricolore.
24 settembre 1923: il Regio Decreto n. 2072, lo adotta come bandiera nazionale.
2 giugno 1946: nasce la Repubblica Italiana.
1947: il Tricolore è introdotto nella Costituzione repubblicana
Significato dei Colori
Verde (1794: Zamboni - De Rolandis / Colore della speranza di un'Italia libera e
unita) (TCX 17-6153)
Bianco (1794: Zamboni - De Rolandis / Colore di Bologna) (TCX 11-0601)
Rosso (1794: Zamboni - De Rolandis / Colore di Bologna) (TCX 18-1662)
Il significato dei tre colori della nostra Bandiera Nazionale
Perchè Tricolore
La bandiera italiana è una variante della bandiera della rivoluzione francese,
nella quale fu sostituito l'azzurro con il verde che, secondo il simbolismo
massonico, significava la natura ed i diritti naturali (uguaglianza e libertà).
In realtà i primi a ideare la bandiera italiana sono stati due patrioti e
studenti dell'Università di Bologna, Luigi Zamboni, natio del capoluogo
emiliano, e Giambattista De Rolandis, originario di Castell'Alfero (Asti), che
nell'autunno del 1794 unirono il bianco e il rosso delle rispettive città al
verde, colore della speranza. Si erano prefissi di organizzare una rivoluzione
per ridare al Comune di Bologna l'antica indipendenza perduta con la sudditanza
agli Stati della Chiesa. La sommossa, nella notte del 13 dicembre, fallì e i due
studenti furono scoperti e catturati dalla polizia pontificia, insieme ad altri
cittadini. Avviato il processo, il 19 agosto 1795, Luigi Zamboni fu trovato
morto nella cella denominata "Inferno" dove era rinchiuso insieme con due
criminali, che lo avrebbero strangolato per ordine espresso della polizia.
L'altro studente Giovanni Battista De Rolandis fu condannato a morte ed
impiccato il 23 aprile 1796. Napoleone la adottò il 15 maggio 1796 per le
Legioni lombarde e italiane. Nell'ottobre dello stesso anno il tricolore assunse
il titolo di bandiera rivoluzionaria italiana ed il suo verde, proclamato colore
nazionale, divenne per i patrioti simbolo di speranza per un migliore avvenire:
con questo valore fu adottato dalla Repubblica Cispadana il 7 gennaio 1797,
qualche mese dopo da Bergamo e Brescia e poi dalla Repubblica Cisalpina. In
quell’epoca le sue bande erano disposte talvolta verticalmente all'asta con
quella verde in primo luogo, talvolta orizzontalmente con la verde in alto; a
cominciare dal 1° maggio 1798 soltanto verticalmente, con asta tricolorata a
spirale, terminante con punta bianca. Nella metà del 1802 la forma diviene
quadrata, con tre quadrati degli stessi colori racchiusi l'uno nell'altro;
questo cambiamento fu voluto dal Melzi (vice presidente della Repubblica
Italiana) per cancellare ogni vincolo rivoluzionario legato alla bandiera.
Abolito alla caduta del Regno Italico, il tricolore fu ripreso, nella sua
variante rettangolare, dai patrioti dei moti del 1821 e del 1831. Mazzini la
scelse come bandiera per la sua Giovine Italia, e fu subito adottata anche dalle
truppe garibaldine. Durante i moti del '48/'49, sventola in tutti gli Stati
italiani nei quali sorsero governi costituzionali: Regno di Napoli, Sicilia,
Stato Pontificio, Granducato di Toscana, Ducato di Parma, Ducato di Modena,
Milano, Venezia e Piemonte. In quest'ultimo caso alla bandiera fu aggiunto nel
centro lo stemma sabaudo (uno scudo con croce bianca su sfondo rosso, orlato
d’azzurro). La variante sabauda divenne bandiera del Regno d'Italia fino al
referendum istituzionale del 2 giugno 1946, quando l'Italia divenne Repubblica e
lo scudo dei Savoia fu tolto.
L'inno di Mameli
Fratelli d'Italia.
Dobbiamo alla città di Genova Il Canto degli Italiani, meglio conosciuto come
Inno di Mameli. Scritto nell'autunno del 1847 dall'allora ventenne studente e
patriota Goffredo Mameli, musicato poco dopo a Torino da un altro genovese,
Michele Novaro, il Canto degli Italiani nacque in quel clima di fervore
patriottico che già preludeva alla guerra contro l'Austria. L'immediatezza dei
versi e l'impeto della melodia ne fecero il più amato canto dell'unificazione,
non solo durante la stagione risorgimentale, ma anche nei decenni successivi.
Non a caso Giuseppe Verdi, nel suo Inno delle Nazioni del 1862, affidò proprio
al Canto degli Italiani - e non alla Marcia Reale - il compito di simboleggiare
la nostra Patria, ponendolo accanto a God Save the Queen e alla Marsigliese. Fu
quasi naturale, dunque, che il 12 ottobre 1946 l'Inno di Mameli divenisse l'inno
nazionale della Repubblica Italiana.
Il poeta
Goffredo Mameli dei Mannelli nasce a Genova il 5 settembre 1827. Studente e
poeta precocissimo, di sentimenti liberali e repubblicani, aderisce al
mazzinianesimo nel 1847, l'anno in cui partecipa attivamente alle grandi
manifestazioni genovesi per le riforme e compone Il Canto degli Italiani. D'ora
in poi, la vita del poeta-soldato sarà dedicata interamente alla causa italiana:
nel marzo del 1848, a capo di 300 volontari, raggiunge Milano insorta, per poi
combattere gli Austriaci sul Mincio col grado di capitano dei bersaglieri. Dopo
l'armistizio Salasco, torna a Genova, collabora con Garibaldi e, in novembre,
raggiunge Roma dove, il 9 febbraio 1849, è proclamata la Repubblica. Nonostante
la febbre, è sempre in prima linea nella difesa della città assediata dai
Francesi: il 3 giugno è ferito alla gamba sinistra, che dovrà essere amputata
per la sopraggiunta cancrena. Muore d'infezione il 6 luglio, alle sette e mezza
del mattino, a soli ventidue anni.
Le sue spoglie riposano nel Mausoleo Ossario del Gianicolo.
Il musicista
Michele Novaro nacque il 23 ottobre 1818 a Genova, dove studiò composizione e
canto. Nel 1847 è a Torino, con un contratto di secondo tenore e maestro dei
cori dei Teatri Regio e Carignano. Convinto liberale, offrì alla causa
dell'indipendenza il suo talento compositivo, musicando decine di canti
patriottici e organizzando spettacoli per la raccolta di fondi destinati alle
imprese garibaldine. D’indole modesta, non trasse alcun vantaggio dal suo inno
più famoso, neanche dopo l'Unità. Tornato a Genova, fra il 1864 e il 1865 fondò
una Scuola Corale Popolare, alla quale avrebbe dedicato tutto il suo impegno.
Morì povero, il 21 ottobre 1885, e lo scorcio della sua vita fu segnato da
difficoltà finanziarie e da problemi di salute. Per iniziativa dei suoi ex
allievi, gli fu eretto un monumento funebre nel cimitero di Staglieno, dove oggi
riposa vicino alla tomba di Mazzini.
Come nacque l'inno.
La testimonianza più nota è quella resa, seppure molti anni più tardi, da Carlo
Alberto Barrili, patriota e poeta, amico e biografo di Mameli. Siamo a Torino:
"Colà, in una sera di mezzo settembre, in casa di Lorenzo Valerio, fior di
patriota e scrittore di buon nome, si faceva musica e politica insieme. Infatti,
per mandarle d'accordo, si leggevano al pianoforte parecchi inni sbocciati
appunto in quell'anno per ogni terra d'Italia, da quello del Meucci, di Roma,
musicato dal Magazzari - Del nuovo anno già l'alba primiera - al recentissimo
del piemontese Bertoldi - Coll'azzurra coccarda sul petto - musicata dal Rossi.
In quel mezzo entra nel salotto un nuovo ospite, Ulisse Borzino, l'egregio
pittore che tutti i miei genovesi rammentano. Giungeva egli appunto da Genova; e
voltosi a Novaro, con un foglietto che aveva cavato di tasca in quel punto: -
To' gli disse, te lo manda Goffredo. - Novaro apre il foglietto, legge, e si
commuove. Gli chiedono tutti cosa fosse, gli fan ressa d'attorno. - Una cosa
stupenda! - esclama il maestro; e legge ad alta voce, e solleva ad entusiasmo
tutto il suo uditorio. - Io sentii - mi diceva il Maestro nell'aprile del '75,
avendogli io chiesto notizie dell'Inno, per una commemorazione che dovevo tenere
del Mameli - io sentii dentro di me qualche cosa di straordinario, che non
saprei definire adesso, con tutti i ventisette anni trascorsi. So che piansi,
che ero agitato, e non potevo star fermo. Mi posi al cembalo, con i versi di
Goffredo sul leggio, e strimpellavo, assassinavo con le dita convulse quel
povero strumento, sempre con gli occhi all'inno, mettendo giù frasi melodiche,
una sull'altra, ma lungi mille miglia dall'idea che potevano adattarsi a quelle
parole. Mi alzai scontento di me; mi trattenei ancora un po' in casa Valerio, ma
sempre con quei versi davanti agli occhi della mente. Vidi che non c'era
rimedio, presi congedo e corsi a casa. Là, senza neppure levarmi il cappello, mi
buttai al pianoforte. Mi tornò alla memoria il motivo strimpellato in casa
Valerio, lo scrissi su di un foglio di carta, il primo che mi venne alle mani:
nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo e, per conseguenza, anche
sul povero foglio; fu questo l'originale dell'inno Fratelli d'Italia”.
L’inno
La cultura di Mameli è classica e forte è il richiamo alla romanità. Appartiene
a Scipione l'Africano, il vincitore di Zama, l'elmo che indossa l'Italia pronta
alla guerra.
Una bandiera e una speranza (speme) comuni per l'Italia, nel 1848 ancora divisa
in sette Stati.
In questa strofa, Mameli ripercorre sette secoli di lotta contro il dominio
straniero. Anzitutto, la battaglia di Legnano del 1176, in cui la Lega Lombarda
sconfisse Barbarossa. Poi, l'estrema difesa della Repubblica di Firenze,
assediata dall'esercito imperiale di Carlo V nel 1530, di cui fu simbolo il
capitano Francesco Ferrucci. Il 2 agosto, dieci giorni prima della capitolazione
della città, egli sconfisse le truppe nemiche a Gavinana; ferito e catturato, è
finito da Fabrizio Maramaldo, un italiano al soldo straniero, al quale rivolge
le parole d'infamia divenute celebri
"Tu uccidi un uomo morto"
Ogni squilla significa "ogni campana". La sera del 30 marzo 1282, le campane
chiamarono il popolo di Palermo all'insurrezione contro i Francesi di Carlo d'Angiò,
i Vespri Siciliani.Fratelli d'Italia
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